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Intervista a Iabo

Oggi ho il piacere di condividere con voi la mia recentissima Intervista a Iabo. Artista di origine partenopea, classe 1980, nato nei primi anni novanta come graffiti writer, rappresentante allora delle storiche crew napoletane.

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

Il mio percorso artistico nasce per caso nella metà degli anni 90, precisamente tra il 1994/95.

Ero il classico ragazzino irrequieto di periferia che aveva il forte desiderio di dire a tutti “io esisto”. Poi il caso ha voluto che il mio più bel panorama fossero le ferrovie dello stato. Abitavo a Fuorigrotta e affacciavo sulle ferrovie. Tutti i giorni dal mio balcone vedevo passare quei pochissimi graffiti che si vedevano in città, sulle metropolitane.
Però sai a quei tempi non era così comune Google dove puoi cercare e trovare di tutto attraverso internet. Quindi all’epoca era particolarmente difficile trovare qualche informazione su questa cosa che erano poi i graffiti.
In quel periodo cominciai a fare skateboard e acquistavo delle riviste di skate dove nelle fotografie delle riviste si intravedevano negli skate park alcuni graffiti. Quindi è stata una ricerca molto lenta.

Poi mi decisi:

Decisi di andare dal ferramenta, presi due bombolette e feci il mio primo pezzo, in cui avevo scritto IABO or DIE. Che riprendeva la famosa rivista di skate “skate or die”. Quello è stato il mio primo pezzo e stiamo parlando del 1994.
Quindi diciamo che il mio percorso artistico nasce proprio con i graffiti, dal ’94 sino al 2004 ho fatto circa 10 anni di graffiti.

Quello vero, quello puro hard core, fatto di tag, di bombing, throw up, di wild style. Quindi diciamo che per 10 anni è iniziato così.

A cavallo degli anni 2000 mi trasferì a New York dove già iniziavo a vedere i primi esperimenti di street art. Le cose di Banksy di Obey e quando rientrai in Italia per cause di forza maggiore posai la bomboletta spray e iniziai ad usare altre tecniche. Lo stencil la pittura, il disegno su carta poi attaccato su muro, insomma iniziava una sperimentazione e subito fui notato dal mondo dell’arte. Tanto che a un certo punto ero più ricercato dalle gallerie, dai galleristi e dai musei che dalla DIGOS diciamo.
Poi ovviamente nei muri della città ero molto presente, quindi le gallerie notavano questo nome IABO. E già nel 2003/04 fui contattato da gallerie, facendo già i miei primi contratti a 23 anni.

A livello di istruzione?

Poi mi iscrissi anche all’accademia di belle arti dove è iniziato tutto. Perché entrando all’accademia di belle arti e conoscendo il mio maestro Ninì Sgambati, il quale mi ha aperto un mondo. Dal 2003 è cominciato il mio vero percorso nell’arte contemporanea quindi proprio lavorando sul terreno.

Come nasce il nome Iabo?

Il nome Iabo viene da un film che si chiama California Skate. I miei amici dicevano che assomigliavo a questo attore, Iabo e tutti mi chiamavano così. Anche se devo ammettere che quel nome non mi piaceva affatto perché era associato ad un personaggio che a me non piaceva tanto.

Quali persone, situazioni o artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Le influenze sono state varie, proprio perché venendo dal mondo dei graffiti, erano parecchi gli input. Però ti posso dire che sulla mia città, Napoli, gli artisti o meglio i Writer che mi hanno colpito ed influenzato son stati: Zemi, Shaone, Tony Joz. Qualcuno di loro ancora attivo qualcuno non c’è più purtroppo.

Sicuramente quando ho cominciato a studiare l’arte ho scoperto Keith Haring, Basquiat, Andy Warhol. Quelli sono stati i primi punti di riferimento perché, come per me e tanti altri che vengono dal mondo dell’Urban, i primi artisti che vieni a conoscere sono proprio quelli più famosi.

Uno in particolare proprio Keith Haring, Infatti anche nei miei lavori, è visibile il tratto nero. Spesso la stilizzazione, però ovviamente è un riferimento. Nel senso che vedendo molti lavori di Keith ho assorbito delle cose, poi venendo anche io dall’Urban, i miei lavori sono nati così.

L’influenza del docente dell’accademia Ninì Sgambati

Tra le persone che hanno influenzato il mio pensiero sull’arte c’è sicuramente il mio maestro dell’accademia di belle arti. Ninì Sgambati, artista Napoletano molto importante negli anni 70. L’incontro con lui è stato fatale. Mi ha aperto mille finestre, mi ha aperto la mente, mi ha fatto andare oltre i graffiti e la street art. Spesso chi proviene dal mondo del writing, dell’Urban e della Street Art rimane chiuso in quell’ambiente. Invece grazie a Ninì Sgambati sono arrivato a concepire un mio stile, un mio modo di presentare le opere. è stato uno dei miei più importanti maestri.


Le influenze poi sono state varie, il mio percorso è particolare. Venendo dall’urban ho visto ciò che è successo e succedeva in questi ultimi 30 anni. Perché in realtà se contiamo dal 94, l’anno prossimo saranno trent’anni che io sto nell’arte. Dai miei 14 anni…


Tutte queste influenze hanno fatto si che non rimanessi ingabbiato nel mondo del writing e della street e dell’urban art. Infatti oggi darmi una definizione è molto difficile, perciò amo definirmi Artista, senza etichette.

Cosa vuoi esprimere attraverso l’arte?

Per me l’arte è sempre stata una necessità.
L’arte è stata l’arma che ho usato per scendere nel mondo e dire la mia, ma in tutti i modi ed in tutti i sensi.

Certamente io racconto il quotidiano, quello che vivo, in un certo senso mi sento come una spugna che assorbe tutto quello che vedo nel mondo e poi lo traduco in immagini, e lo butto fuori sui miei quadri.

Ma più che altro non è un voler esprimere qualcosa in particolare ma dire la mia sul mondo. Infatti chi conosce bene i miei lavori, sa benissimo che tocco quasi tutti i temi, dalla politica alla cultura e spesso e volentieri ci gioco anche ironicamente. Anche su temi più difficili, infatti l’arte questo fa: L’arte racconta attraverso le immagini delle cose che altri non riescono a vedere.

Quindi fa riflettere pensare, ma non è soltanto questo alla fine.

Negli ultimi anni sono già strutturato esteticamente per dare in automatico un messaggio. Però io mi soffermo soprattutto sulla bellezza. Sul bello quindi sui colori, sulla linea sui telai delle tele, sull’installazione, insomma, lo scopo diventa il bello. Forse probabilmente voglio esprimere la bellezza dell’opera, del design, si può vedere recentemente dalle mie opere.

L’antologica al Pan di Napoli

Non so se hai visto la mia mostra antologica al Pan di Napoli, li era ben visibile il concetto e visione di come intendo l’arte, di come si fa l’arte. Non è ridursi all’esprimere qualcosa in particolare.

Il mio lavoro si avvicina molto alla pubblicità, mi sono sempre chiesto come fare a tradurre in immagini un pensiero. Ho studiato molto la pubblicità perché la pubblicità in pochi minuti deve comunicare tutta la potenza del messaggio in 60 secondi.

Mi sforzo sempre nelle mie opere a ragionare come la pubblicità, è un po’ questo il mio lavoro nel totale.

INTERVISTA A IABO

Mi piacerebbe approfondire sul tuo ultimo progetto artistico, cosa puoi dirci?


La mia ultima mostra che come sai è stata realizzata a Napoli all’interno delle sale del museo Pan. È stata una mostra per me molto importante poiché è stata una mostra antologica in cui ho raccontato 20 anni di carriera.

In questa mostra non ho voluto inserire i primi 10 anni di writing semplicemente perché secondo me l’esperienza Urban va raccontata da sola. Ho scelto di raccontare soltanto dal 20003 al 2023, l’inizio del mio percorso ufficiale nel mondo dell’arte contemporanea.

In questa mostra mi sono concentrato nei miei lavori da studio in door, al chiuso, su tela con le installazioni i video le performance.

È stata una mostra molto importante per me perché ho messo un punto. Non di fine ma anche di partenza, di tutto quello che è successo negli ultimi vent’anni.

Perché comunque ho lavorato molto bene, ho all’attivo più di 100 mostre ufficiali, come la Biennale, Saatchi Gallery, New York, Singapore… Ho esposto dappertutto in tutto il mondo, perciò avevo il desiderio di festeggiare questi 20 anni nella mia città. Sono stato molto fortunato perché il comune di Napoli mi ha donato gli spazi ed ho potuto realizzare questa grande mostra che ho voluto regalare alla città.

Infatti ho voluto fortemente che l’ingresso fosse stato gratuito.

La mostra è stata interamente sponsorizzata da me. non ho avuto fondi regionali, statali, europei.
Con dada Arte e Alessandra Clemente che mi ha aiutato nel percorso di richiesta delle sale, e degli sponsor.

Sono veramente contento del progetto. È stata una mostra molto difficile per me, dal punto di vista dell’organizzazione, concepire 50 opere in un piano del Pan, è stato complesso. Portare a termine il progetto in pochi mesi, tra interviste, organizzazione ecc. Si è potuto fare grazie al team delle persone che mi circondano, la curatrice Annalisa Ferraro, Enzo Cref che ha curato il catalogo, Daniela Diodato di Dadart, Alessandra Clemente, Luca Borriello. Mi sono creato davvero un team potentissimo. Infatti in tre mesi abbiamo organizzato una mostra che normalmente ci vorrebbe un anno, un anno e mezzo solo per progettarla.
In tutto questo abbiamo fatto un catalogo che più che un catalogo più che catalogo è un libro con più di 250 pagine a colori, un cartonato 24×30 cm.

Sono soddisfatto perché in questo modo qua vanno fatte le mostre e va fatta l’arte.

Iabo qual’è il tuo rapporto con il mercato e che possibilità ci sono di emergere per un giovane artista?


Il mio rapporto con il mercato è formidabile.

Nel senso che ho un rapporto eccellente poiché io sono un grande appassionato di Marketing e finanza, quando poi ho scoperto che nel mondo dell’arte contemporanea esisteva un mercato, (e che mercato) parliamo di alti profili di collezionisti, di aste, di fiere, sono capitato proprio a pennello. Perché poi in questi 20 anni ho raggiunto un coefficiente 5, ed è molto alto per la mia età.

Qualcuno mi dice “Iabo tu dovresti fare il gallerista” mi dicono che sono molto bravo a vendere il mio lavoro e forse probabilmente se facessi il gallerista, riuscirei a vendere anche gli altri. Dopo 20 anni di lavoro sul terreno ho capito come funziona, ho capito il meccanismo, ho capito come far fruire le opere e come venderle. Infatti già da lontano durante le fiere con delle gallerie, individuo quelli veramente interessati, quelli che scherzano, quelli che fanno finta, quelli veri.

Anche perché l’artista più emergente già costa 1000- 2000 euro io che sto a coefficiente 5 un pezzo 1 metro per 1 metro che è piccolo per i miei standard lo vendo a 10.000 euro già capisco chi vuole fare sul serio o no. ma lo si acquisisce con il tempo.

Oggi cos’è cambiato?

Grazie a internet tutto è cambiato, mi sono spostato più sulla rete, sull’ e-commerce ed ho capito quali opere funzionano. Con internet è migliorato tutto. Anni fa ero legato esclusivamente alla vendita attraverso le gallerie, mentre con Internet mi sono fortunatamente sganciato dal filtro della galleria.

Oggi il collezionista vuole un rapporto diretto con l’artista, lo contatta direttamente, se poi l’artista è bravo con l’e-commerce non devi neanche più stare appresso alle richieste perché il cliente trova e compra direttamente sullo store, e si automatizza il processo, molto comoda come cosa. Negli ultimi 3 anni dal punto di vista del mercato io sono proprio esploso nella rete.

Io infatti ci ho visto lungo ed ho investito sul mio primo e-commerce che ho aperto nel 2018 e vedevo che andava molto lentamente, poi la pandemia ha costretto tantissime persone a prendere fiducia con il comprare online, mettere la carta ecc. perché era costretto. E da li si è sbloccato tutto. Quindi ti posso dire che dalla pandemia ad oggi la mia galleria è esplosa spaventosamente. Sono molto contento perché dopo tutti i miei studi sul marketing ho avuto ragione, ho investito 3 anni prima, ed oggi il mio mercato gira da solo.

Forse questo è il mio punto di forza perché sono un ottimo imprenditore di me stesso ed ho visto che facendo le cose come le voglio io, funzionano.

Cosa consiglieresti ad un giovane artista che vorrebbe vivere di quest’arte?


È molto difficile dare un consiglio ad un giovane artista emergente, la strada è molto difficile e tortuosa, però mi rendo conto che io ho iniziato 30 anni fa che non c’era internet. Perciò p tutto un altro discorso. L’artista che oggi vuole intraprendere la carriera dell’artista, può fare, può tentare. Questa cosa qui è una cosa per niente facile, perché non ci sono introiti mensili, nessuno crede in te… Quindi uno deve andare per la sua strada e deve imporsi, perché può essere anche bravo, ma se non ti imponi sul mercato nell’arte, insomma, se non ti fai un culo così, è meglio che cambi strada. Fare l’artista, significa stare non 24 ore ma 48 ore al giorno su questa cosa, altrimenti i risultati non verranno mai.

Non è che ci si trova un altro lavoro poi la sera si dipinge, no, fare l’atista dalla mattina fino alle 4/5 di notte.

Io questo faccio, dalla mattina alla sera. Però questa cosa, questo impegno negli anni mi ha portato a fare questo. Io faccio l’artista da 20 anni.

Perciò il consiglio che do è che bisogna essere caparbi, imprenditori di se stessi, avere la voglia di perdere.

Anche perché poi arriverà il momento in cui vinci, bisogna proseguire su questa strada e fare sempre investimento su se stessi.

IABO CONTATTI:

Sito: www.iaboworld.com

Instagram: IABO (@iabo) | Instagram

Facebook: IABO WORLD | Facebook

Francesco Cogoni.

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