Intervista a Lorenzo Carcasci
In questa intervista a Lorenzo Carcasci conoscerete l’attore dietro le quinte, scoprendo la passione e la dedizione che lo hanno guidato nel suo percorso artistico. Lorenzo ci racconta delle sue scelte creative. Un’occasione per avvicinarsi alla sua visione del teatro e del cinema, tra aneddoti e riflessioni personali.
Lorenzo Carcasci: il seme del Cinema
F.C. Ricordi il primo momento in cui è nata la tua passione per la recitazione?
L.C. Il seme è stato piantato da molto piccolo: coltivando sin dalla primissima infanzia l’amore per il cinema, ho potuto apprezzare ancora di più l’operato di attori ed attrici una volta che ho capito che quelle che vedevo non erano figurine in movimento messe di fronte a me per magia, ma persone in carne ed ossa che erano lì per coinvolgermi nella storia che stavano raccontando, facendomi ridere, piangere, spaventare e maturare concetti più sfaccettati, più sofisticati delle morali che potevo trovare nei racconti o nei libri che mi capitava di leggere da bambino.
Tra questi il mio preferito rimane tuttora “Il piccolo principe”, ed il caso ha voluto che gli insegnanti ce lo abbiano fatto mettere in scena in quinta elementare: al panico a cui ero abituato a causa della mia timidezza, fomentato anche da non pochi atti di bullismo subiti tra le pareti scolastiche, è subentrata sinuosamente una certa eccitazione all’idea di salire su un palco vestendo degli abiti che non fossero i miei; una volta calcato il palcoscenico, al momento che ho sentito, per la prima volta in vita mia, che delle persone estranee stavano ridendo non di me, ma grazie a me, mi sono detto molto lucidamente “Io d’ora in avanti voglio sentirmi sempre così”.
Un piccolo, primo cerchio si chiuse: in qualche modo ero riuscito a restituire a terzi quello che mi era stato dato, negli anni precedenti, da quelle persone che avevo visto muoversi su piccolo e grande schermo.
Influenze romane e fiorentine
F.C. Quali persone, situazioni o attori hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
L.C. Io credo di dovere molto, inizialmente, a ciò che ho visto fare ad Alberto Sordi e a Giovanni Nannini in campo comico, due grandi simboli rispettivamente di romanità e fiorentinità, che hanno contribuito al primo sviluppo del mio senso dell’umorismo e del mio modo di recitare. Poi nei decenni successivi ho potuto ammirare il lavoro di grandi attori e attrici specialmente di Hollywood, che mi avrebbero spinto allo studio del metodo Strasberg proprio per tentare di raggiungere quell’efficacia in scena che raramente riuscivo a trovare altrove.
Lorenzo Carcasci: attore per lasciare un segno
F.C. Cosa vuoi esprimere principalmente attraverso la tua arte?
L.C. Faccio una piccola premessa in apparenza egomaniacale, ma vi prometto che ha un senso introdurre così la mia risposta: i complimenti più belli che abbia mai ricevuto nella mia carriera non vertevano mai su quanto fossi stato bravo in generale, anche perché spesso vuol dire tutto e non vuol dire nulla, bensì erano affermazioni di consapevolezza; mandare a casa il pubblico con una visione del mondo trasformata, con un nuovo dubbio o con una nuova certezza, o con la soddisfazione di aver finalmente capito una storia che fino ad allora appariva poco chiara, penso debba essere il vero scopo di questo lavoro, al cui approccio si arriva con esigenze del tutto individuali ed egoistiche, ma che può sublimarsi solo nel lavoro di squadra e nella sua fruizione da parte della collettività. Il nostro è sempre stato, innanzitutto, un mestiere sociale.
Il percorso di Lorenzo Carcasci nella recitazione
F.C. Vorrei approfondire sul tuo percorso.
L.C. Dopo essermi fatto le prime ossa in numerose recite scolastiche fino al liceo, ho studiato recitazione e regia presso la Dreamcommunication Film Academy di Firenze, una scuola che era strutturata come una sorta di palestra attoriale, dove ho appunto studiato il metodo Strasberg, famoso ormai più per vari aneddoti sull’immedesimazione che non per le basi della tecnica in sé, attraverso un approccio logico e pragmatico con un fine, tramandatoci dal nostro insegnante Adriano Davi, paradossalmente semplice: il lavoro dell’attore è quello di raccontare una storia, nient’altro.
Dopodiché mi sono perfezionato all’Oltrarno, l’accademia fondata nel capoluogo toscano da Pierfrancesco Favino nel 2015. E mi sembra doveroso a questo punto riallacciarmi alla seconda domanda che mi è stata posta in questa intervista: tutte le persone che mi hanno insegnato questo mestiere hanno influenzato inevitabilmente il mio lavoro. Adriano mi ha insegnato a trovare la mia verità in scena, i docenti dell’Oltrarno mi hanno permesso di ramificarla in tutto il corpo.
Rapporto con il mercato
F.C. Qual è il tuo rapporto con il teatro il cinema e le compagnie? Che possibilità ci sono di emergere per un giovane che vuole vivere di recitazione?
L.C. È risaputo che non sia facile emergere in questo ambiente, poiché una persona giovane ha bisogno di determinate coincidenze e congiunzioni astrali per far sì che la sua voce venga ascoltata nitidamente e con attenzione, soprattutto in un Paese come il nostro dove l’età media di chi comanda è vertiginosamente più alta della sua.
Alla luce di questo eterno divario generazionale, in un ecosistema agguerrito proprio a causa delle scarse possibilità di visibilità, dove le porte si aprono raramente per richiudersi subito dopo, quell’arma a doppio taglio che è Internet, se maneggiata con maestria, può risultare estremamente utile a chiunque voglia promuovere il proprio lavoro, e dalla mia generazione in poi è evidente il vantaggio che abbiamo su quelle precedenti in questo ambito.
L’importante è essere consci della difficoltà e degli ostacoli e comunque avere qualcosa da dire: se sei capace di guardarti tanto genuinamente dentro quanto bene fuori, e se sei di conseguenza in grado di esprimere qualcosa di universale, la gente in qualche modo ti ascolta – è il motivo per cui continuiamo ad andare a teatro da millenni (e al cinema da più di un secolo).
Consigli per i giovani attore
F.C. Cosa consiglieresti ad un autore o attore, che vorrebbe vivere di quest’arte?
L.C. Non mi reputo una persona abbastanza vissuta od influente da potermi permettere di dare consigli, e mi piace continuare a pensare di essere ancora relativamente giovane, ma per il bene della conclusione di questa nostra chiacchierata posso dire questo: Tu hai una voce, non avere paura di usarla. Che sia per approvare, per esprimere disaccordo, per manifestare, per chiedere un biglietto per uno spettacolo o un film o un museo, coltivare l’uso della propria voce parallelamente alla propria cultura è fondamentale per crescere, esprimere un concetto, imparare dalle conseguenze di quel concetto e crescere ulteriormente. Il tuo lavoro, se fatto con orgoglio e cognizione di causa, ha evidentemente valore, e non assecondare mai chi non vuole darglielo: ne va del rispetto per il mestiere e della tua dignità di persona e professionista.
Facebook: Lorenzo Carcasci
Lorenzo Carcasci (@lorenzocarcasci) • Foto e video di Instagram
Francesco Cogoni.
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