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Intervista a Matteo Piccioni

Intervista a Matteo Piccioni in questo articolo avremo modo di approfondire sul lavoro di questo artista di Quartu classe 2001.

Intervista Matteo a Piccioni

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

Fin dalla tenera età mi sono espresso tramite le arti figurative, è sempre stata una via
di fuga dalla realtà dovuta alla mia incapacità di rapportarmi con l’ambiente esterno e
gli altri. Ho iniziato con il disegno e la scultura, che ho portato avanti frequentando il
liceo artistico anche se con la disapprovazione di mio zio. Prima rappresentavo
scenari fantastici che mi facessero evadere dalle situazioni logoranti che vivevo, poi
durante la prima quarantena ho imparato a esorcizzare i miei problemi raffigurando
me stesso e le mie problematiche psicologiche, come l’autismo, la comorbidità con la
depressione bipolare e tutto ciò che ne scaturisce di conseguenza. Il mio percorso
infatti è principalmente basato sul tema dell’autoritratto, tramite il quale indago, come
una psicoterapia personale, i miei disturbi. La tecnica che utilizzo maggiormente ora
è la pittura a olio, imparata completamente da autodidatta, ma per potermi esprimere
al meglio cerco sempre di sperimentare nuovi linguaggi e unirli tra loro. Ciò che mi
interessa comunicare è la mia interiorità; spogliandomi e scarnificandomi spero di
arrivare all’animo degli altri, che per un motivo o per un altro possono ritrovarsi per
esperienze personali nei miei lavori. In fondo la vergogna e il dolore sono drammi
dell’animo umano con cui tutti devono convivere, ci sono conflitti interiori che sono
dei tabù e che cerchiamo di nascondere a noi stessi e agli altri, ma di cui è
impossibile liberarsi…

Quali persone, situazioni o artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Le mie primissime influenze provengono dal mondo dei manga, con autori come Gō
Nagai, Q Hayashida e Keisuke Itagaki, che si sono poi evolute e rivolte alle stampe
giapponesi di Hokusai e Kuniyoshi, soprattutto quelle raffiguranti yokai. Di
conseguenza mi sono poi ispirato al giapponismo europeo dell’800 e al Cloisonnisme
di Gauguin e Picasso nel suo periodo blu. Alcune esperienze che mi hanno segnato
molto sono state la mia residenza di numerosi mesi in Kenya e i vari viaggi tra Egitto
e Tunisia, che hanno influenzato la mia arte con una matrice africana, esotica e
primitivista. Da qualche anno ho iniziato ad apprezzare particolarmente anche
l’espressionismo: quello tedesco e austriaco con artisti come Schiele, Nolde e
Mueller, ma anche artisti che io considero pre-espressionisti come Donatello, Munch
e Goya con le sue Pitture Nere. Devo molto anche alla mia insegnante di pittura del
liceo Marina Cuccus, che da astrattista mi ha insegnato il significato visivo e
simbolico del colore. Sono stato anche allievo di due artisti sardi: Leonardo Boscani
con cui ho sperimentato la tecnica dei murales e del collage, e Alberto Marci con cui
ho imparato le varie tecniche di stampa e incisione. Sono sempre stato anche un
appassionato dell’immaginario horror, soprattutto di registi come Dario Argento e
Romero, che hanno dato una nota orrorifica al mio lavoro. Mentre a livello
strettamente concettuale la mia produzione è stata influenzata anche da vari filosofi
come Nietzsche e Gorgia, esponenti del nichilismo, e Schopenhauer e Kierkegaard,
facenti parte della corrente esistenzialista.

Cosa vuoi esprimere attraverso l’arte?

Come accennato precedentemente… Attraverso l’arte esprimo me stesso, le mie
turbe psicologiche, situazioni e tratti di me stesso che ho sempre demonizzato e che
oggi tramite l’arte esorcizzo. Ho trattato il conflitto tra ego e vergogna, il rapporto con
il fumo, il problema con l’intimità e tanto altro. Indago anche sui problemi della mia
generazione, il futuro incerto e imprevedibile descritto dal filosofo italiano Galimberti.
Preferisco sempre partire dal mio trascorso personale, per non generalizzare e
includere attivamente le esperienze altrui; penso sia meglio che in maniera più
passiva gli altri si rispecchino nei miei lavori e diano, in parte, una loro
interpretazione, in modo da poter trovare una similitudine tra il mio e il loro vissuto, e
in qualche modo anche tra me e loro come singoli individui con difficoltà in comune.
In maniera un po’ malinconica e aggressiva la mia arte unisce, perché forse è proprio
nel male più che nel bene, che le persone si comprendono tra loro.

Intervista Matteo a Piccioni

Mi piacerebbe approfondire sul tuo ultimo progetto artistico, cosa puoi dirci?


Il mio ultimo progetto artistico, composto da un corpus di lavori quasi esclusivamente
nuovi di zecca, si è espresso recentemente con la mia terza esposizione “Voci Dal
Profondo”, a cura di Roberta Vanali e diretta da Giovanni Coda. Durante questa
esperienza ho avuto modo di badare personalmente alla galleria, all’allestimento e
alle luci, a causa di vari problemi che hanno portato curatrice e gallerista ad
assentarsi durante il corso della mostra. L’operato esposto, esclusivamente pittorico,
è stato realizzato nell’ultimo anno e presenta anche la serie di lavori facenti parte del
“Periodo Giallo”, così nominato da un caro amico e collega artista. Ho preferito non
esporre stavolta molti lavori presenti nelle precedenti mostre: “L’AUTORITRATTO”,
curata da Anna Oggiano e Marina Cuccus, e “Passeggiata nell’arte”, organizzata da
Beni Culturali Cagliari. In modo da portare delle novità e mostrare la maturazione
artistica che ho raggiunto.

Qual è il tuo rapporto con il mercato? che possibilità ci sono di emergere per un giovane artista?


Il mio rapporto con il mercato è un po’ complicato, sono riuscito a vendere numerose
opere a scapito di averle dovute svalutare parecchio. Purtroppo il ruolo dell’artista
deve essere appoggiato da quello del gallerista e del curatore, che prende in carico
la possibilità di vendita e i prezzi, basati anche sulla concorrenza, la fama dell’artista
esposto, la tecnica, i formati e così via. Canonicamente si attua il calcolo del
coefficiente che è un prezzo a parer mio abbastanza adeguato, ma che poca gente
nel settore è disposta ad accettare, e per campare artisti e galleristi devono
accordare un prezzo più basso del dovuto. La nicchia degli estimatori e degli
acquirenti nel mondo dell’arte è complicata, sembra essere quasi più uno status che
altro, una sorta di facciata di erudizione che crolla nel momento del confronto con
l’artista. Anche lo sminuire un’opera criticandone il prezzo mostra quanto questo
amore per l’arte sia poco sincero, e dire che è raro trovare persone con occhio
tecnico e sensibilità artistica è riduttivo. Oltretutto in Italia le concezioni
principalmente apprezzate di arte sono due, diametralmente opposte: il lato legato
alla tradizione più patriottica del Rinascimento e in parte del Barocco, comunque
incentrato su un tipo di figurativo classicheggiante, e il lato strettamente legato ai
nuovi linguaggi dell’arte contemporanea, perciò quel che li precede viene spesso
dato per datato anche solo per la tecnica utilizzata. Io personalmente ho un’idea
forse ormai antiquata di arte, per me deve esprimere qualcosa, che sia a livello
concettuale, espressivo o politico, e mettendo da parte i miei gusti personali la
considero comunque validissima.

Cosa consiglieresti ad un giovane che vorrebbe vivere di arte?


Parto dicendo che io in primis, avendo appena compiuto 21 anni, sono un giovane
che vorrebbe vivere di arte. Ammetto che è un mondo molto intricato e complesso,
ma per iniziare credo si debba avere almeno un messaggio, la tecnica al giorno
d’oggi, se in maniera architettata, diventa quasi superflua. Personalmente fino a poco
tempo fa avevo difficoltà a definirmi artista, perché penso che siano gli altri a doverti
considerare tale. Finché il mio lavoro non è stato apprezzato da vari artisti più
anziani, curatori e galleristi che mi hanno dato la possibilità di esporre i miei lavori e
entrare a far parte del mercato. Se il proprio lavoro è valido e merita davvero da
qualche parte si inizierà, io non credo tanto nella fortuna, al massimo nelle
coincidenza, ma soprattutto nel merito e nell’impegno.

Intervista Matteo a Piccioni


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Francesco Cogoni.

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