Intervista a Piero Bresciani
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
La mia passione per il disegno e il colore è una predisposizione che ho avuto sin da piccolo con la quale passavo divertendomi le mie giornate assieme a quella del teatro dei burattini. Due cose che non ho mai più abbandonato.
Con gli anni mi sono dedicato alla pittura con dedizione e tutt’ora ne sono in attività sempre costante, mentre la passione per il teatro mi ha portato a fondare una mia compagnia amatoriale “Teatro Pietrasanta” per la quale ho scritto e messo in scena diciassette commedie in vernacolo per le quali ne curavo la regia, la scenografia e i costumi oltre a recitarvi da protagonista. Nel 2012 con il testo di una di queste, al concorso nazionale “Passione drammaturgia” ho vinto il premio come miglior testo in dialetto.
Per me allestire ogni commedia e curarla in ogni particolare era come dipingere un quadro. Una attività questa che ha occupato venti anni della mia vita inserendosi come le virgole nella mia attività pittorica.
Questo mio interesse per l’attività artistica mi ha indirizzato anche negli studi diplomandomi all’Istituto d’arte prima e all’Accademia poi.
Nel 1972 ho ottenuto una cattedra di Discipline Pittoriche all’Istituto d’arte dove ho insegnato dal 1972 al 2004.
Quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo percorso?
Durante i miei studi di Storia dell’arte ho avuto modo di vedere tutto quello che c’era da vedere. Tutto quello che mi colpiva, magari solo un piccolo particolare, lo immagazzinavo con avidità. Il Rinascimento soprattutto mi ha sempre affascinato per la sua bellezza e per la grande professionalità dei suoi artisti, il periodo Liberty con la sua raffinatezza e la squisita decorazione, la Metafisica e il Surrealismo per la libertà fantastica.
Ma non c’è un artista in particolare che mi abbia influenzato o che io abbia guardato con occhio particolare. Penso invece che tutto quello che mi ha colpito si sia amalgamato in un qualcosa che ha dato origine alla mia produzione che ritengo presenti una visione personale di rappresentazione delle mie fantasie.
Cosa cerchi attraverso la tua arte?
La libertà.
La libertà di potermi esprimere senza vincoli o costrizioni. La libertà di non dovermi curare della coerenza stilistica o tematica e la libertà di non dover avere percorsi da seguire se non la mia fantasia che per fortuna è tanta.
Non potrei mai restare obbligatoriamente su un percorso di ricerca per vedere come evolve o dove mi porta, mi porterebbe all’asfissia della mia creatività. Per me già dipingere a tema mi blocca l’immaginazione. La mia testa è come una scatola che contiene tutto un mondo anche a me sconosciuto e devo solo aprirla e lasciare che esca quello che vuole uscire e sorprendermi anche io stesso di ciò che vedo poi realizzato.
Mi piace incuriosire con le mie immaginazioni e provocare emozioni curando anche particolarmente il colore che studio con accuratezza nei suoi toni e negli accostamenti. Note quasi sempre presenti i volatili che, padroni di librarsi nei cieli, sono simbolo di libertà, l’uovo che rappresenta la vita, pezzi di arcobaleno che sono simboli di rinascita e speranza e spicchi di luna che invitano a pensieri rivolti all’onirico. Nelle mie opere tutto deve essere positivo.
C’è una parte nella tua ricerca artistica di cui vorresti parlare in particolare?
Molto ho già detto ma c’è una curiosità che molto spesso mi lascia meravigliato del mio lavoro, la sorpresa.
Davanti al cavalletto, mi concentro sulla superficie bianca da elaborare, col mio lapis in mano, lascio che qualcosa avvenga e inizio il mio disegno pensando però ad altro, distratto in altri pensieri. Quando tutto è finito, solo allora mi rendo conto del risultato. In altre occasioni al contrario devo impegnarmi molto per concepire e terminare il lavoro. Misteri della creatività.
Qual è il tuo rapporto con il mercato?
Non c’è! Ho tenuto tantissime esposizioni sia collettive che personali ma non è successo niente. Ho avuto anche importanti occasioni di far vedere le mie opere in esposizioni, cito le ultime, in luoghi di prestigio come la Triennale di arti visive a Roma nelle sale espositive dell’Altare della patria nel 2017, Onirica a Lucca in Villa Bottini nel 2018 e sempre nello stesso anno, il comune di Gubbio, in quanto io vincitore di concorso, mi offre un mese di esposizione mettendomi a disposizione la chiesa di Santa Maria Nuova.
Tutto molto gratificante per me, ma non è successo niente. Per onestà devo però dire che non ho mai fatto niente per avvicinare galleristi o mercanti, un po’ per il mio carattere e anche perché ho sempre pensato che il mio lavoro era di qualità e se esistevano operatori seriamente interessati mi avrebbero contattato e non essere invece io a sgomitare rincorrendoli. Il mio lavoro di insegnante mi permetteva di vivere senza di loro.
Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?
Di trovarsi prima un lavoro sicuro che gli permette di essere autonomo e fedele a sé stesso.
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Francesco Cogoni.