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Intervista a Riccardo Mannelli

Qualche giorno fa ho avuto il piacere di sentire al telefono Riccardo Mannelli. Abbiamo parlato di tante cose: di come si cambia maturando, del movimento impietoso di questi tempi, della satira. Di seguito vi propongo un estratto di quella interessante chiacchierata.

Intervista a Riccardo Mannelli

Come e quando Nasce il tuo Percorso artistico?

Questa è la domanda delle domande, perché come qualsiasi artista sa, ma anche chi artista non è, le cose sono connaturate.

Perciò è difficile individuare un momento, per quel che mi riguarda poi, nemmeno a livello di consapevolezza. Perché uno comincia a sviluppare delle cose, anche e soprattutto a livello esistenziale, quando siamo ragazzi piccoli, anche bambini.

C’è stato sin da subito un atteggiamento creativo, artistico, poi personalmente ho sempre disegnato da che mi ricordo.

Poi ovviamente negli anni si comincia ad avere anche una gestione di questo “atteggiamento”. Soprattutto perché avendo cominciato molto presto a farne la mia professione, alla fine ti organizzi. Ne comprendi i meccanismi e lì un po’ di concretezza ti arriva insomma.

Ma non c’è un momento preciso e singolo… Per fortuna.

Quali Persone, situazioni o artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

A livello di formazione sono un autodidatta, e questa è un’altra fortuna che mi sono concesso.

Perciò ho avuto un apprendimento scombinato a livello modale, quello che mi piaceva lo incameravo e altro no.

Poi dopo si matura, si riscoprono artisti, autori, scrittori e musiche che da giovane avevi rinnegato o addirittura schifato. Perché da giovani siamo tutti un po’ così, siamo radicali, poi dopo si cambia.

Per me la formazione è stata molto giocosa, nella vita, da sempre, perché come spirito, ho uno spirito giocoso, libero. Ho esigenza di divertirmi perché altrimenti subisco molto la noia quotidiana, per quel motivo sembra che abbia fatto un sacco di cose. Non è dovuta alla bulimia di far carriera o di arricchirsi, ma è dovuta semplicemente al fatto di portare avanti più progetti contemporaneamente.

Ho riscoperto tardivamente i classici…

…però è stato tutto molto accidentale ed umorale, non di studio a tavolino. Vedevo le cose, le cercavo, in questo sono molto curioso. Quindi poi, facevo quello che mi veniva spontaneo fare con il disegno. Per affinità mi portava a scrutare ed indagare maggiormente tra gli impressionisti e gli espressionisti del primo Novecento, piuttosto che nei classici. Dopo scoprii Caravaggio, ed ho approfondito molto il Novecento perché chiaramente c’ero nel mezzo. Poi Klimt, Schiele sino a Pollock, che sono tra i punti di riferimento ancora oggi del mio immaginario.

Insomma, gli artisti che mi hanno aiutato di più in quella che ritengo la cosa più importante in tutta l’espressione artistica, la composizione. Questa ha bisogno di un approfondimento, è la cosa che si avvicina di più ad uno studio per me. Anche se io l’ho sempre fatto a livello concreto, mai sui libri.

Ho cercato di appropriarmi della magia della composizione, che è quello che ti fa capire un immagine, vale per tutte le arti visive.

Ho preso e prendo da tutti, poi è capitato anche il contrario, che qualcuno ha preso anche da me. L’arte è uno scambio, è l’unica cosa che accomuna tutta l’umanità.

Anche chi la guarda e basta prende qualcosa, ruba, a livello sentimentale, di formazione. Perciò è la puttana madre della storia umana l’arte, è sempre disponibile, per fortuna, alla portata di tutti.

Io ti dico francamente che ho sempre preso tutto quello che mi serviva. Ho copiato come si deve fare, dalle cose che mi piacevano, sempre col solito spirito di renderlo personale. Perché altrimenti non ti diverti. Il divertimento è alla base di tutto.

Seguendo il tuo percorso risulta evidente il diramarsi in due filoni, quello famosissimo, caricaturale e satirico, ed uno più intimista legato ai corpi. Cosa vuoi esprimere nel complesso attraverso la tua arte?

Sono le due facce della mia medaglia. Io ho sempre sentito anche il bisogno di approfondire, di avvicinarmi alle persone, diciamo. La mia satira, poi, è stata sempre molto corporale. Ho cominciato a fare reportage per andare a toccare la gente in prima persona, quindi già c’era quella cosa. Ma la pittura l’ho sempre vista come un mio piacere più personale, per questo ha a che fare di più con l’intimità.

Molti mi hanno detto che portare avanti questi due filoni era contraddittorio, ma io non ce la vedo questa contraddizione. Sono due modi di approcciare, sinceramente, con una forma empatica nei confronti dei miei simili. Anche la satira più cruda si può fare solo se sei vicino a chi prendi per il culo. Altrimenti è cinismo o tentativi di maldicenza o cose simili.

Poi l’approfondimento anche della ritrattistica, nel coinvolgersi, io ci metto l’arte come filtro per darmi la possibilità di una critica.

Non è la battutaccia per offendere o demolire qualcuno, e chi non lo capisce o è stupido o in malafede.

Intervista a Riccardo Mannelli

Riccardo Mannelli mi piacerebbe approfondire sul tuo novo libro “satira madre” edito da Paper first con prefazione di MARCO TRAVAGLIO e postfazione di TOMASO MONTANARI. Sappiamo solo che uscirà il 14. Cosa puoi dirci?

I miei libri sono sempre andati forte, chiaramente io ho un tipo di successo di nicchia. Però ho sempre avuto un riscontro popolare di lettori e di pubblico che molto spesso mi hanno salvato. L’accoglienza popolare ti dà quello che non ti vogliono dare i padroni, nella legittimazione anche. Quando la gente apprezza e stima quello che fai ci son pochi discorsi.

Capitava che mi buttassero fuori dai giornali e da tante cose pensando che non succedesse niente. Poi molto spesso la gente seguiva me e abbandonava loro. Almeno da quel punto di vista ho sempre avuto buonissimi riscontri, ancora adesso, dopo 45 anni che vivo di questo. Al giorno d’oggi è abbastanza strano.

Sostanzialmente l’idea fondamentale primigenia è aver avuto un po’ di mal di pancia su ciò che sta accadendo di questi tempi nei confronti della satira. Della deriva di cui è meglio sorvolare.

Quindi l’ho voluto impostare per ribadire il concetto che satira è un discorso che riguarda l’arte, è una forma d’arte. Non c’entra nulla né la politica, né il giornalismo, men che meno la militanza politica o lo schieramento. La satira, come lo è da sempre, è una forma d’arte e va rispettata per quello, poi si può dire mi piace, non mi piace.

Noi Italiani siamo stati…

…come peninsulari, prima che italiani perché ancora non esisteva l’Italia, siamo stati con i greci tra quelli che hanno inventato questa forma d’arte. Anche a livello di scrittura con Giovenale, ma prima con la commedia di Aristofane. E poi anche a livello di immagine, la caricatura è nata in Italia, lo sa tutto il mondo. E anche delle forme irrispettose di narrazione del contemporaneo, irrispettose, irriverenti, o di critica ferocissima, basta pensare a Cecco Angiolieri, ma lo stesso Dante è un satirico modernissimo, e questo quasi tutti quelli intelligenti lo hanno sottolineato. Quando parliamo di satira ci rifacciamo a quel tipo di logica li, e smettiamola con altri discorsi.

Generalmente, chi critica sottolinea che non fa ridere, ma che c’entra la satira con l’umorismo, io non sono un comico né un umorista, la satira ti può far ridere incidentalmente, di un ridere amaro, piangere, pensare, riflettere, incazzare.

Poi c’era un discorso di tornare a mettere i puntini sulle i per la satira…

…e quindi non fare il solito discorso della raccolta di vignette. Perciò la metà sono inediti, fatti apposta per il libro, mischiati alla raccolta di un po’ del meglio di quello che ho fatto negli ultimi anni e lo spirito è quello di non dargli nessuna cronologia. Perché lo spirito praticamente si è fermato e quindi viviamo questo presente continuo, permanente e mi sembrava giustissimo mischiare tutto e accostare le pagine porno con l’attualità politica, con la cronaca. Credo che qualche effetto lo possa fare.

Posso permettermi questa cosa perché quasi sempre, anche le vignette che appaiono sul quotidiano, non scadono dopo due giorni come succede spesso.

Io non affronto quasi mai le questioni del giorno, le mie cose se le vai a rivedere dopo due anni, molto spesso ti dicono qualcosa, perché il mio modo è questo, perciò anche riguardandole, ricollocandole ti rendi conto che funzionano ancora, sono comprensibili perché non sono legate alla notizia del momento che molto spesso uno poi si scorda.

Dopo due anni di gestazione l’ho visto stampato, ed è venuto fuori un bel libro di 160/170 pagine, di buon formato, grande, dove si gode bene l’immagine.

Che possibilità ci sono oggi per i giovani disegnatori a livello di mercato e di collaborazioni editoriali?

Questo è un momento che io reputo, nel mio innato e diciamo anche molto incosciente ottimismo, un momento molto foriero di belle sorprese malgrado tutto. Sempre che il pianeta sopravviva, ma questo è un altro discorso. Se si va su quei campi, domattina potremmo essere fusi alle pareti di casa, quindi da quel punto di vista non si può dire.

Ma in merito al grande sconvolgimento e rimescolamento epocale, che sembra alla prima impressione di immobilità, invece si sta muovendo tutto, per questo sembra tutto immobile.

Non c’è una cosa che dia una sensazione di stabilità, che duri, quindi nella gran parte delle persone ha provocato da almeno dieci anni quest’ansia, questo malessere di cui si parla molto. Ma per me è un passaggio dovuto, perché il mondo inchiodato com’era non poteva più andare avanti, perciò è partito tutto senza controllo.

Se ci fai caso i banchieri non sanno più cosa succederà in borsa, sono i primi a non sapere un cazzo di cosa succederà in borsa, i finanzieri lo stesso, i politici non se ne parliamo… da almeno vent’anni hanno perso la bussola, vanno a naso sui sondaggi, i sondaggi stessi non ci azzeccano neanche se li paghi. Tutto dovuto a questa cosa dell’estremo movimento, in più ci sono le nuove tecnologie che sono anche quelle foriere di cose che possono essere terribili e meravigliose.

Poi io ho un po’ di polso di questa situazione…

…un po’ di monitoraggio ce l’ho da tanti anni e ci tengo a mantenerlo perché insegno allo IED. Poi un paio di anni fa sono stato a capo del corso di illustrazione, l’ho fatto col mio tipo di visione della professione e della professionalità, e vedo che l’entusiasmo di partenza è lo stesso.

I ragazzi arrivano molto più spaesati e impreparati di vent’anni fa, soprattutto esistenzialmente, perché sono abbandonati ormai, come sappiamo.

Però vedo che questo è un paese bizzarro, la nostra materia prima è il talento. È una cosa incredibile che vengano su dal nulla… mentre negli Stati Uniti appena ne nasce uno lo annaffiano da piccolo, lo tirano su, lo coccolano. Qui da noi li buttiamo via, ah eccone un altro non se ne può più.

Il talento è una cosa incredibile in questo paese, 100 a uno rispetto a qualsiasi posto ed io ho girato mezzo mondo. I primi anni dovetti subito andare in Francia a lavorare perché qui dopo qualche mese già non mi voleva più nessuno.

E c’è un grande talento istintivo, ma c’è anche tanta paura, tanta insicurezza con cui vengono su questi ragazzi. Ed il primo istinto è quello di rifugiarsi, quindi di trovare appartenenza, chi se li prende? con la paura che non ci sia nessuno che li vuole.

E tutto questo non gioca a buon favore della formazione di un vero artista,

perché un vero artista deve avere anche le spalle quadrate per imporsi. Il mio grosso lavoro con loro è di metterli autostima, capacità concrete in qualche modo, di trovarsi uno spazio il più possibile originale, in questo momento soprattutto in Italia vedo che molti vanno sul seminato perché funziona, perché li dicono che funziona, allora pur di fare il librino fanno delle cose che cominciano ad essere un po’ troppo uguali una all’altra. E questo succede nella musica, nel cinema, succede in ogni campo.

Riccardo Mannelli Cosa consiglieresti ad un giovane che vorrebbe rendere l’arte un lavoro?

Il consiglio che do anche ai miei ragazzi è appunto questo. Sforzatevi un po’ di più per trovare la vostra personalità ed avere il coraggio, la forza di volontà per imporvi. È la cosa che ci vuole.

Una volta che sei da solo davanti al pubblico poi saranno loro a dire bravo o fai cagare, ma il pubblico però. Inutile essere imposto dal direttore o essere raccomandato da qualcuno. Poi se non funzioni non funzioni.

Quindi prima ti metti nelle condizioni di esserci e quindi di farti giudicare e meglio è.

Intervista a Riccardo Mannelli

Intervista a Riccardo Mannelli di seguito i contatti

“Presenza di link di affiliazione su cui si ottiene una piccola quota dei ricavi, senza variazioni dei prezzi.”

Sito personale: Riccardo Mannelli |

Per approfondire sui suoi lavori Riccardo mannelli – Bing images

Francesco Cogoni.

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2 thoughts on “Intervista a Riccardo Mannelli

  • Francesco Amadori

    Lo so, dovrebbe essere una giornata di relax… Invece…, poi rilassatevi. Questa intervista a Riccardo Mannelli , fa il male giusto ed anche molto bene. Fa molto bene trovare chi in questo gran casino possiede una buona bussola per orientarsi e, soprattutto, la mette a nostra disposizione. Dai bastano appena 10 minuti di attenzione.

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  • Bellissima intervista, fa riflettere.
    Ho anche preordinato il libro, non vedo l’ora che arrivi.

    Risposta

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