Intervista a Sergio Poddighe: iconografie immaginarie
Oggi abbiamo il piacere di dialogare con Sergio Poddighe, artista italiano nato a Palermo nel 1955 e attualmente residente in Toscana, dove continua a lasciare il suo segno nella scena artistica contemporanea.
La sua produzione artistica è intrisa di un concetto unico che lui stesso definisce “loco(e)mozione”, un’esplorazione visiva che trasforma emozioni e riflessioni personali in opere d’arte.
La profondità del suo lavoro emerge chiaramente in esposizioni come “L’uomo a pezzi”, ospitata presso il Palazzo Giorgi a Poppi, e in progetti collettivi come “Preziosismi d’arte contemporanea” e “Arte e psiche. Iconografie immaginarie”.
Sergio Poddighe: Inizio del percorso e Influenze artistiche
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Credo sia nato nel momento in cui ho cominciato a privilegiare il linguaggio del disegno, rispetto a quello verbale. È avvenuto inconsapevolmente, intorno ai cinque anni. Liceo Artistico e Accademia di Belle Arti, poi, frequentati in anni di rivolta giovanile, hanno formalizzato il mio status artistico.
Quali persone, situazioni o artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Non ho avuto riferimenti o influenze precise dal mondo dell’arte; naturalmente, come tutti gli altri, ho respirato il panorama multiforme del secondo ‘900.
Una qualche infatuazione l’ho avuta per la Secessione viennese (Schiele e Klimt), per il surrealismo, e per tutte le forme d’arte legate all’illustrazione di qualità, compreso il fumetto.
Sono sempre stato attratto, inoltre, dal diverso da me: Paul Klee, Willem de Kooning, Afro Basaldella, per citarne alcuni.
Di amici e intellettuali, che hanno arricchito e stimolato il mio percorso artistico ce ne sono stati tanti. Posso citarne alcuni: Marcello Faletra, Eugenio Giannì e ultimamente Giovanni Carbone.
Sergio Poddighe: Arte come assenza di tracce
Cosa vuoi esprimere attraverso la tua arte?
Con il mio lavoro non intendo lanciare alcun messaggio, né pretendo di lasciare tracce indelebili nel panorama artistico contemporaneo; sono presupposti che non dovrebbero agire da movente per un artista: sarà il tempo (o perfino il caso) a stabilire l’importanza di ciò che un pittore ha realizzato.
Se giudico con sguardo distaccato l’intera mia produzione, mi accorgo di alcune cose: di non proporre una figurazione che lusinga l’occhio, che rassicura l’osservatore; di insistere nel trattare (con una certa acre ironia?) il tema del disagio profondo che accompagna l’intera esistenza umana.
Naturalmente, a partire dalla mia.
I cicli tematici
Mi piacerebbe approfondire sul tuo ultimo progetto artistico, cosa puoi dirci?
Lavoro soprattutto per cicli tematici, spesso rivisitati o approfonditi. L’ultima serie di lavori si intitola “angeli offesi”, in essa ricorre il tema già trattato dell’amputazione come ferita dell’anima.
Rapporto con il mercato in Sergio Poddighe
Qual è il tuo rapporto con il mercato? che possibilità ci sono di emergere per un giovane artista?
Il mercato dell’arte è quanto di più aleatorio possa esistere. In alto esiste “l’Olimpo” degli artisti consacrati, che muovono gli interessi dei potenti mercanti e delle case d’asta.
In basso, vediamo uno sterminato brulichio di artisti (anche bravissimi) che stentano a sopravvivere. Il tutto nel magma indistinto di un pubblico sempre meno colto e sempre meno sensibile nei confronti dell’arte figurativa. La novità, per un giovane artista, è rappresentata dai social.
Se è capace di utilizzarli, può provare a smuovere qualcosa. Eviti sempre di pagare per una esposizione: c’è chi si organizza per lucrare sul desiderio di affermazione degli artisti, vendendo illusioni.
Cosa consiglieresti ad un giovane che vorrebbe vivere di arte?
Dipende da quanto vuole entrare in contatto con la rivoluzione tecnologica in atto. Intende cavalcare i nuovi strumenti digitali o vuole abbracciare la pittura propriamente detta?
Nel secondo caso bisogna che si prepari a lottare: dovrà difendere e preservare una pratica preziosa, che ha radici nella preistoria, ma che oggi è minacciata dal computer e dall’Intelligenza artificiale.
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Francesco Cogoni.