Interviste

INTERVISTA AD ALESSANDRA JOHN FINOCCHIO

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Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
La chiamata alle armi inizia sin dall’infanzia.

Mio padre occupava tutto il suo tempo libero tra pittura ad olio e scultura.

Sono cresciuta così, tra olio di lino e trementina, con una stanza della casa perennemente occupata dai suoi lavori.

Poi il percorso obbligato, Liceo Artistico, un tentativo nella facoltà di architettura da cui sono letteralmente scappata per approdare all’Accademia di Belle Arti di Urbino e poi il trasferimento a Roma.

Lì ho concluso il mio ciclo di studi in scenografia, specializzandomi in scenografia cinematografica, e ho subito iniziato a lavorare per il cinema.
Nel frattempo mi sono dedicata al disegno e alla pittura, la fotografia e la scultura.

Ho partecipato a mostre e concorsi all’inizio del percorso accademico.

Poi il lavoro mi ha occupato quasi completamente ed ho avuto un lungo periodo di buio.
Tre anni fa ho ripreso i pennelli in mano e ho ricominciato da dove mi ero fermata.

Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Onestamente non ho un artista o alcuni artisti a cui faccio riferimento.

Certo ho i miei gusti che spaziano da Hieronymus Bosch alle artiste contemporanee come la Dumas oppure i grandissimi Francis Bacon e Lucien Freud, passando per Caravaggio e Goya.

L’arte mi piace tutta.

Ma sto cercando il mio modo espressivo ed evito come la peste le citazioni o i rimandi ad altri artisti.

Se c’è una cosa che detesto sentirmi dire è “sembra quel tale artista oppure somiglia a quel talaltro artista”.

Mi potrebbe venire un attacco di orticaria al punto da smettere di dipingere.

Preferisco dipingere meno bene ma essere comunque me stessa.

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Cosa cerchi in arte?
Credo che l’arte sia principalmente un modo di vivere la vita.

Quindi la risposta potrebbe essere: vivere.

Vivere negli occhi di qualcuno, vivere nel comunicare la mia interiorità, dare la vita.
Ad esempio non sono attaccata al mio lavoro.

Nel momento in cui ho finito riesco a lasciarlo andare, come si dovrebbe fare con un figlio: lo accompagni nel suo percorso di crescita e poi al momento giusto, lasci che vada con le sue gambe.

Qualche anno fa ho preso la decisione di lasciare la strada del lavoro nel cinema per dedicarmi completamente a me stessa.

Metto la stessa passione che uso nella pittura anche quando cucino, quando vivo la mia vita privata.

Sto cercando di scrollarmi di dosso tutti i conformismi che mi hanno inculcato dall’infanzia e con l’educazione.

E’ un percorso un po’ lungo e faticoso, ma ci lavoro tutti i giorni.

Il risultato è che sono tendenzialmente felice.

C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
Lo scorso anno ho prodotto una serie autobiografica dal titolo NUDA COME LA TERRA.

Ho usato il mio corpo per raccontare luoghi e passaggi importanti della mia vita e per far questo ho scelto di usare insieme all’acrilico anche i pigmenti puri.

Dopo aver ponderato bene questa scelta, mi sono accorta che il principale scopo fosse quello di raccontare la caducità della vita e il fatto che le esperienze acquistino un valore maggiore se producono un cambiamento.

La scelta di una tecnica come il pigmento puro è stata dettata proprio da questa esigenza: non fissare nulla se non l’attimo stesso della creazione.

Arriverà il giorno in cui una parte di quei lavori sbiadirà come il ricordo di alcune esperienze fatte.

Quindi il quadro vivrà di una vita propria che prescinde da me.

Magari in casa di qualcuno resisterà più a lungo perché le condizioni sono migliori.

Mentre per altri rimarrà solo la struttura pittorica fatta ad acrilico.

Ecco sarei curiosa di vedere che fine faranno i miei lavori tra 10/20 anni.

Per me l’importante è aver dato loro la possibilità di vivere una vita propria.

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Qual è il tuo rapporto con il mercato?
Praticamente inesistente.

Non ho un gallerista né un curatore che mi segue per adesso almeno.

Se mi invitano ad esporre volentieri aderisco.

Nell’ultimo anno ho partecipato a diverse cose ed ho anche fatto una bella personale grande e alcune piccole.

Se i miei quadri piacciono li vendo, altrimenti vado oltre nella mia ricerca.

Non sono legata al guadagno.

Non mi piacciono gli artisti paraculi che azzeccano un filone, e lo perseguono vita natural durante perché il mercato li vuole così.

Credo che siano la negazione stessa dell’artista.

Chi davvero fa arte innanzitutto deve fare ricerca.

Una ricerca continua che deve portare a sviscerare tutto se stesso.

Chi non cambia mai non sta camminando.

E’ fermo.

Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?
Se fossi una cinica, direi di cambiare mestiere.

Invece posso dire che un sogno va vissuto fino in fondo e se si basa sulla logica del guadagno magari fa anche successo prima di me (ahahahahahah risata di cuore).

Con questo vorrei ribadire il concetto espresso nella domanda precedente.
Se poi il successo economico non arriva, comunque non smettere mai di fare quello che ci fa stare bene semplicemente per noi stessi.

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Francesco Cogoni

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