Interviste

Intervista ai coru&figau

Quando e come nascono i Coru e Figau?

Di fatto nasciamo tra il 2014 e il 2015. Il nucleo originario del gruppo si forma conoscendosi al circolo “Default” di Casteddu, un piccolo locale che nel giro di pochi mesi diventava punto di attrazione per ragazzi e ragazze alla ricerca di qualcosa di diverso dalla monotonia cagliaritana.

Parlando davvero di tutto e passando letteralmente i nostri pomeriggi e sere là dentro, nasce l’esigenza di mettere su idee e ispirazioni e di prendere in mano gli strumenti: chi più chi meno, tutti avevamo esperienza di saletta, ma allo stesso tempo eravamo fermi da un po’.

Tra alti e bassi, mille impegni e casini, a marzo 2016 arriviamo ad esordire proprio nel posto che ci aveva visti nascere, di spalla agli amici A Fora De Arrastu.

Quali persone, musicisti e episodi hanno influenzato maggiormente il vostro gruppo?

Le influenze prettamente musicali e stilistiche di onguno di noi hanno sfumature diverse. Senza dubbio però tutti ci incontriamo nello streetpunk/OI! che dagli anni 80 ad oggi ha imperversato in Europa e non solo.

Di conseguenza siamo anche influenzati (sempre ognuno a modo suo e senza troppe ortodossie fini a sé stesse) dai movimenti cosiddetti “sottoculturali”: parliamo di mods, skinheads, punks, casuals e dei tanti “personaggi” che in giro per il mondo ruotano o hanno ruotato attorno a queste culture. Ad esempio la nostra prima cover è stata “The sound of Revolution” e nel retro della nostra demo citiamo Raybeez, leader dei Warzone; siamo molto legati ai suoni britannici dunque non si può non citare Micky Fitz dei Business; per arrivare infine a Rude e Steno rispettivamente dei bolognesi Ghetto 84 e Nabat, con i quali abbiamo tra l’altro ottimi rapporti.

Cosa cercate dalla musica e cosa volete comunicare attraverso lei?

La musica è per noi strumento di evasione e di sfogo, innanzitutto. Siamo tutti cresciuti in realtà medio-piccole e non rinnegheremmo le nostre radici per niente al mondo, ma indubbiamente siamo anche ragazzi che hanno sempre avuto voglia di “uscire dal guscio” e confrontarsi, conoscere. Sempre alla nostra maniera e senza scimmiottare passivamente.

Chiaramente poi nel momento in cui facciamo pezzi nostri, il nostro obiettivo è anche comunicare qualcosa nel modo più semplice e diretto possibile.

E se consideri che oggi prendere in mano uno strumento non è esattamente la via più intuitiva per comunicare, questo fa sì che un altro nostro obiettivo sia quello di portare avanti una certa attitudine.

C’è una parte della vostra ricerca musicale di cui vorreste parlare in particolare?

In realtà la nostra produzione al momento non è di certo enciclopedica. Quel che è sicuro è che abbiamo per ora spaziato abbastanza tra suoni e influenze, sempre restando lungo una scia ben precisa. Forse questa è una caratteristica – per noi positiva – di questi primi anni della band e dunque delle nostre prime uscite.

Qual è il vostro rapporto con le case discografiche? che possibilità ci sono di emergere?

Siamo totalmente votati all’autoproduzione, i nostri rapporti sono con le tante etichette autogestite che puoi trovare in Sardegna e non (su tutte KattiveManiere, fondata dal nostro frontman Baglio).

Onestamente non ci siamo mai posti il problema di emergere, almeno non nel senso solitamente attribuito al termine.

Quello che vogliamo fare è farci ascoltare per suonare in giro e conoscere così posti e gente nuova.

In questi anni abbiamo cementato vecchi rapporti e ne abbiamo creati di nuovi: il tutto basato su alcuni valori e ideali molto semplici, che partono dalla condivisione e dallo scambio reciproco.

Certo è che anche la scena streetpunk europea sta raggiungendo alti livelli di professionalizzazione: da un lato non ci vediamo nulla di male, dall’altro pensiamo che si debba comunque preservare uno spirito di fondo che non va perduto e senza il quale resta solo la superficie.

Cosa consigliereste ad un musicista o ad un gruppo che vorrebbe vivere di quest’arte?

Come sopra.

Noi di questa musica non viviamo dunque non siamo i più adatti a dare consigli in questa direzione.

Ma pensiamo che la base di partenza sia in ogni caso la passione.

E proprio per questo iniziare a suonare con l’idea di avere successo a nostro parere non ha molto senso: si prende in mano uno strumento perché si ha qualcosa da esprimere e magari si tira su una band perché si vuole condividere questo qualcosa quotidianamente.

Poi da là le strade possono anche essere le più svariate, ma se non si mantiene quello spirito, quella semplicità basilare, non si va lontani in ogni caso.

Nella scena punk e HC sarda ad esempio puoi trovare gente che da anni con gli strumenti in mano spacca davvero il culo a decine di band e cover band.

Fanno normali lavori per 30-40 ore a settimana come minimo, poi vanno sul palco e tu rimani a bocca aperta.

È importante per noi che esista qualcuno e qualcosa di simile e che le nuove leve conoscano queste realtà.

Contatti:

pagina facebook: https://www.facebook.com/coruefigau/

Francesco Cogoni.

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