Intervista al poeta Davide Cava: “mi sto poetando sotto”
Scoprire le radici di una passione può essere un viaggio emozionante, e in quest’intervista Davide Cava ci guida attraverso le tappe della sua. Da ragazzino innamorato della saga di Harry Potter a poeta con una voce intensa e originale, ripercorre le influenze e i momenti che hanno trasformato i suoi sogni in parole, fino alla nascita della sua raccolta, “Mi sto poetando sotto“. Attraverso riflessioni profonde e consigli sinceri, ci racconta cosa significa vivere per e con la poesia. Un libro che parla di vita, emozioni e autenticità. Scopri di più nell’intervista completa e acquista il libro al link a fine articolo!
Davide Cava racconta come è nato il suo percorso
F.C. In che momento e in quale modo è nata la tua passione per la scrittura?
D.C. Avevo dieci anni, ed ero innamorato della saga di Harry Potter. Oltre a leggerne i libri, guardavo i primi due film su cassetta quasi tutti i giorni. Sognavo di diventare anch’io un mago, eppure una parte di me sentiva che, per diventarlo, la via più concreta consisteva nello scrivere storie. Cominciai a scrivere racconti lunghissimi ambientati in luoghi di fantasia. Queste prime storie sono andate forse perdute, ma ricordo di quel giornaliero appuntamento con carta e penna con grande emozione. Il paese fatato che era teatro dei miei racconti aveva sempre lo stesso nome: Arasia. Mi piace immaginare che la mia Arasia sia diventata poesia. Solo dopo tre anni, quando ne avevo tredici, scrissi la mia prima poesia “L’Incubo del Poeta”, un titolo un po’ tracotante, direi.
Alla scoperta di Davide Cava: la sua storia e le influenze artistiche
F.C. Quali persone, esperienze o scrittori hanno avuto l’influenza maggiore sul tuo percorso di scrittura?
D.C. Rispondere a questa domanda mi viene sempre un po’ difficile. Sono state e sono ancora tante le penne che mi hanno conquistato e portato vicino a Poesia, molte di esse condividono poco tra loro. Al liceo m’innamorai del Petrarca, poi Francois-René de Chateaubriand mi aprì le porte al romanticismo francese, e infine cominciai a scrivere grazie ai maledetti Baudelaire, Rimbaud e Verlaine. Crescendo, cambiando, trasformandomi, sono stati e sono ancora oggi soprattutto Herman Hesse e Fernando Pessoa i miei amori più grandi. Tutta questa sembra una banale ed esagerata sfilza di nomi scritta con l’intento di darsi un certo tono, ma invero questa sfilza la potrei continuare ancora a lungo, includendo autori assai distanti tra loro nello stile, nei temi e nella sensibilità poetica. Forse sono semplicemente al pari d’una spugna.
La sensibilità poetica
F.C. Cosa desideri comunicare attraverso le tue parole?
D.C. Mi piace immaginare che le mie poesie, anche quelle più intimiste (che costituiscono la maggior parte), possano sensibilizzare. Certe volte cerco di sensibilizzare riguardo a un tema specifico, come quello della salute mentale, ma il più delle volte spero di sensibilizzare e basta, nel senso di stuzzicare l’altrui sensibilità. Abbiamo un disperato bisogno di sensibilità.
Mi sto poetando sotto: Davide Cava parla del suo libro e delle sue ispirazioni
F.C. Raccontaci del tuo ultimo libro, “Mi sto poetando sotto”.
D.C. Mi Sto Poetando Sotto nasce dal bisogno di scrivere, di sentirmi cullato da quella Arasia cui accennavo prima. Il titolo, che per alcuni potrebbe risultare in qualche modo disturbante, riassume appieno questo bisogno, donandogli le sembianze di qualcosa di persino fisiologico. La raccolta non è stata scritta di getto, ma quasi. E’ stato veramente al pari di un esercizio spirituale: ho lasciato che Poesia si imprimesse sul foglio senza badare a un ordine, senza pensare che tre poesie al giorno siano troppe o che una sola poesia in due mesi sia troppo poco. Quando Poesia chiamava, io ero lì pronto a rispondere, a scrivere, come sotto dettatura.
F.C. Come descriveresti il tuo rapporto con le case editrici? E quali possibilità intravedi per un giovane scrittore che vuole emergere?
D.C. Per le grandi case editrici rimarrò verosimilmente un fantasma in saecula saeculorum, e va bene così, Amen. Per fortuna, sono entrato in contatto con realtà editoriali più piccole che hanno una passione vera e importante verso la poesia e che sono aperte a nuovi autori senza pretendere che essi si svenino per coprire le varie spese. La casa che ha editato Mi Sto Poetando Sotto, Eretica Edizioni, è stata per me una casa in molti sensi. Mi sono sentito accolto da loro, ascoltato e rispettato, e credo che ricevere un simile trattamento pur non essendo un autore affermato sia una boccata d’aria fresca e fonte di speranza. Credo che un giovane scrittore debba partire proprio da queste realtà che scelgono di rimanere un po’ più vicine all’anima e un po’ meno al danaro.
F.C. Quali consigli daresti a chi sogna di fare della scrittura una professione?
D.C. Posso parlare per la poesia, per le aspiranti poetesse e gli aspiranti poeti. Ciò che spontaneamente mi viene da dire è di scrivere per il piacere di farlo, o anche per il piacere di far del bene a chi leggerà. Non scrivete col desiderio di diventare grandi, di essere riconosciuti da qualcuno. Assai verosimilmente nessuno vi riconoscerà, talvolta le vostre raccolte poetiche gireranno tra parenti, amici e, se vi andrà bene, tra qualche amico di amici. Con la poesia non si mangia, è proprio vero, con la poesia ci si nutre. Impegnatevi ad avere una buona nutrizione, perché nella poesia non c’è molto spazio per i vizi di gola. Poesia non farcisce il portafoglio, Poesia dà crediti di vita.
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Francesco Cogoni.
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