Intervista a Daniela Masia
In questa intervista a Daniela Masia scopriamo i primi anni del percorso di un artista che da allora si è evoluta molto.
Nascita, influenze e contenuti del percorso artistico
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Ho iniziato a disegnare da piccolissima, facevo grandi cerchi con due puntini e quattro stecchette e indicandoli dicevo: “questo è papà, questa è mamma, questo è Stefano e questa sono io”.
Mia madre è stata la mia prima sostenitrice e quando ero piccola stendeva le lenzuola vecchie sul pavimento e mi faceva disegnare liberamente su queste meravigliose e giganti tele bianche.
Era bellissimo e imparai a disegnare ovunque, soprattutto sui muri.
Adoravo i graffiti e di nascosto uscivo con i pennarelli Giotto tentando di disegnare sul muro e non capivo mai perché non funzionassero e si scaricassero subito.
Ricordo ancora con chiarezza un episodio di quando avevo quattro anni: mi avevano lasciato una mezzora a giocare da sola in camera di mia nonna che, dopo un po’ entrò e vide l’intera parete disegnata con tante bambine, erano le mie cugine in ordine di altezza, scala 1:1.
Il suo urlo infuriato ancora echeggia nella mia testa “Giulià! Benit innoi a castiai itta ha fattu filla tua!” (“Giuliana, vieni qui a vedere cosa ha fatto tua figlia!”), mia madre reagì sorridendo e dicendo “è bellissimo vero?”.
Ho quindi continuato a disegnare (ovunque) per esprimermi, ma col passare del tempo ho coltivato questa mia passione sempre più in segretezza, un po’ come se me ne vergognassi.
Alle medie mi sono appassionata al disegno tribale che durante le superiori si è evoluto in disegno zen.
Le forme mi hanno sempre attirato di più nella loro forma più pura, astratta, anche se negli ultimi anni, studiando illustrazione, ho scoperto il potere del figurativo, che mi appartiene molto ugualmente, ma in fondo mantengo sempre un grande legame con le forme pure.
Il disegno era ed è il mio modo di spegnere la mente e raggiungere uno stato di tranquillità e appagamento.
A 21 anni studiavo architettura e sono andata a fare l’Erasmus a Cartagena, una piccola cittadina sul mare nel sud della Spagna; lì ho conosciuto delle persone straordinarie che mi hanno spronato a riprendere in mano i colori e tornare a disegnare, ho deciso così di iscrivermi al corso specialistico di Illustrazione presso l’ISIA di Urbino, che mi
sto avviando a concludere.
La Spagna e i suoi colori e la sua energia mi hanno fatta rinascere in tutti i sensi,
compreso quello artistico.
Quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo percorso?
Sicuramente l’arte primitiva e l’arte araba hanno attirato e riempito i miei occhi da sempre, adoro gli oggetti decorati con minuzia, che esplodono di colori e adoro vedere negli oggetti un’impronta vitale, così come nelle architetture e nei vestiti.
Come pittori sono particolarmente affezionata a Picasso, Paul Klee, Klimt e Mirò: quando guardo i loro quadri mi sembra di poter leggere qualcosa che va oltre ogni percezione, che trascende la realtà.
Riescono a toccare delle corde profonde che solo i colori e le forme riescono a far suonare e mi emozionano tantissimo.
Di illustratori (e definirli solo illustratori è riduttivo) me ne piacciono tanti, ma chi più mi ha ispirato e continua a ispirarmi sono Hervé Tullet, Kveta Pacovska, Munari, Lionni e Štěpán Zavřel.
In un posto molto speciale del mio cuore sta Maria Lai, grande donna, grande artista e grande visionaria sarda.
Ovviamente nella quotidianità mi hanno influenzato tutte le persone appassionate d’arte, musica, teatro, non penso di poter stabilire dei confini entro i quali sono stata influenzata.
Cosa cerchi attraverso la forma d’arte che utilizzi?
Cerco di trovare (e non so se ci riesco davvero) l’essenza, l’anima, la mia, quella del mondo, della natura che mi circonda, delle cose, non cerco né di insegnare qualcosa né di trasmettere qualche concetto, adoro il potere espressivo del colore, il gesto primitivo di mettere un segno su una “tela” (oggetto, pietra, legno o tela vera e propria che sia) e penso che sia un’esigenza umana fin da tempi antichissimi.
Penso che il disegno, inteso più come segno che come figura, faccia parte dell’essere umano da sempre ed è anche per questo che sono più affascinata dal gesto del disegnare che dal risultato estetico in sé, anche se ammiro molto chi ha la pazienza, gli occhi e la dote
di disegnare con minuzia: penso che sia solo un’altra strada per arrivare allo stesso punto.
Devo dire che però l’illustrazione è un’altra cosa, è narrativa, racconta storie e mondi, perciò credo che abbia altri fini rispetto all’arte, il suo fine è la comunicazione, la narrazione e mi piace tantissimo il suo potere metaforico.
Mi piace anche perché all’interno delle illustrazioni riaffiorano immagini che sono immagazzinate nella nostra memoria visiva chissà da quanto e chissà da dove, lo trovo molto affascinante!
Daniela Masia, ricerca, rapporto con il mercato e consigli.
C’è una parte nella tua ricerca artistica di cui vorresti parlare in particolare?
La mia ricerca va di pari passo con la scoperta della vita, non c’è una parte che sia stata più importante, sicuramente attualmente, finendo un percorso di studi, sto avendo un’evoluzione, ma non so ancora dove mi porterà.
Posso dire che mi muovo su due binari paralleli per ora, e ancora non so quale percorrere, (che poi, forse questa scelta non è neanche necessaria), uno che mi collega all’arte come segno e gesto e una che invece mi spinge verso la narrazione, ironica, giocosa, leggera.
Qual è il tuo rapporto con il mercato?
Pessimo!
Scherzo, diciamo che sono alle prime armi e sto cercando piano piano di farmi strada.
Non è fondamentale per me vivere d’arte, se riuscirò bene, se non ci riuscirò continuerò a disegnare per la gioia di farlo, da sola e in compagnia;
Chiaramente se riuscissi a vivere d’arte, che è forse la cosa che mi viene più naturale fare, sarebbe il massimo, ma ancora “ne devo mangiare di panini”, come si dice a Cagliari.
Il mio grande sogno è quello di fare l’arteterapeuta, per me avere la possibilità di disegnare per liberarci dalle nostre paure, per sbrogliare la matassa della nostra vita, per affrontare le situazioni difficili è un regalo grande che la vita ci ha fatto e personalmente per me l’arte è stata una vera e propria terapia e in molti momenti difficili mi ha salvato.
È così bello e naturale che mi piacerebbe poterlo condividere con gli altri, potergli far vedere che per disegnare non bisogna “saper disegnare”, ma solo essere, lasciar fluire il proprio amore e la propria energia e tradurla in colori, segni, gesti e forme!
Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?
Non so se sono la persona giusta per dare consigli, anzi, sicuramente non lo sono, ma posso dire a chi si approccia a questo mondo e a chi vuole magari studiare arte, di non farlo per guadagnare.
Credo che comunque per vivere d’arte ci voglia molto impegno, bisogna crederci, ma secondo me non intestardirsi e sapersi adattare.
La cosa più importante nell’arte a parer mio è essere profondamente veri e liberi.
Se ci dà anche il pane bene, ma se non ce lo desse, bene lo stesso, ci darà altre cose.
Per vivere d’arte ci vuole una grande passione, una grande gioia in quello che ci fa, non tanto per il risultato, per l’ammirazione degli altri, ma per il puro e semplice fatto che si sta
facendo qualcosa che viene dal proprio sé più profondo, il resto penso che sia una conseguenza, o meglio, sia marginale in confronto al resto, poi uno può parlare di strategie di marketing o chessò io, ma alla fine non è quella la cosa fondamentale, lo studio del mercato è solo uno strumento.
Credo che l’autenticità sia molto più coraggiosa e di valore del successo o della fama, che sono valori vuoti, perciò chi vuole vivere d’arte per me, dovrebbe solo farla con il cuore, il resto verrà da sé.
Credo anche che per vivere d’arte bisogna essere “artisti” in ogni cosa, allenare lo sguardo e la mente alla bellezza, alla serenità e all’armonia, che devono estendersi ad ogni ambito della vita, ad ogni gesto o parola che pronunciamo.
O almeno, è così che personalmente la vivo.
Ovviamente sono consigli che do’ in primis a me stessa che sto muovendo i primissimi passi
in questo mondo e che non nascondo che a volte mi fa paura!
In questo sono forse idealista, ma penso che non vorrei mai sacrificare l’autenticità per il guadagno, preferirei guadagnare con qualche altro lavoro ma tenere nell’arte quella verità e libertà che in moltissimi altri contesti ci è negata.
Contatti:
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Francesco Cogoni.