INTERVISTA A GAETANO CIAO
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Da bambino mi ritrovavo spesso nello studio di mio zio, pittore e scultore, credo che sia nato tutto così, come un gioco.
Crescendo mi ritrovai sempre più spesso in quello studio, non più a giocare, prevalentemente ad osservare.
Mio zio era, ed è tutt’oggi, un uomo di poche parole ed io cercavo di imparare dai gesti e dagli sguardi.
Negli anni iniziammo anche a fare dei lavori insieme e la voglia di fare arte non mi ha più abbandonato.
Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Diversi anni fa, camminando nel centro di Roma, mi imbattei in una esposizione della Transavanguardia.
Erano esposte prevalentemente opere di Sandro Chia e Mimmo Paladino.
Non posso negare che quelle opere abbiano influenzato il mio modo di concepire l’arte, come del resto tutte le opere di artisti che, secondo la mia opinione, hanno qualcosa da insegnarmi, e non parlo solo dei grandi della storia.
“L’osservazione” come primo passo verso la “creazione”.
Così facendo mi rendo conto, inaspettatamente, di esser stato influenzato da artisti diversissimi tra loro, magari con poetiche e dinamiche contrapposte.
Dall’artista poco conosciuto incontrato per caso, a Bacon, passando per il movimento CoBrA, tutti possono influenzarmi, questo è il bello.
Dove “influenzare” vuol dire anche solo fornire un nuovo punto di vista.
Cosa cerchi in arte?
Cerco di darle qualcosa di mio.
Un pensiero nascosto, una parola non detta.
La sacrifico dalla vita e la sviluppo in arte.
Cerco un linguaggio.
Il linguaggio è parola parlata, silenzi, gesti, e sguardi.
Riuscire a far confluire queste dinamiche sensoriali in parola scritta (letteratura) , segni(pittura, scultura) e suoni (musica, teatro) ecco…questa è arte.
È un linguaggio di “sintesi”.
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
È proprio questa: la ” sintesi”.
Qualche anno fa mi trovai in un periodo davvero difficile. Alcuni eventi mi avevano chiuso in un vortice complesso fatto di una condizione passiva verso il tempo.
In questo periodo, durato un paio di anni, la mia arte si era molto appesantita.
Non che sia per forza un male, anzi, molte delle opere di quegli anni hanno contribuito molto alla mia crescita personale ed artistica, ma, a volte, diventavano delle vere e proprie battaglie.
Alcune di loro mi impiegavano mesi di lavoro, un lavoro del quale non ero mai pienamente soddisfatto, e che spesso finiva anche per essere distrutto, coperto.
Nella mente mi piace segnare la fine di questo passaggio della mia vita con un’opera : “L’artista”,un acrilico su legno.
Probabilmente nemmeno un pezzo ben riuscito, ma sicuramente uno spartiacque.
Tra pittura, scultura e intaglio, varie pause, paure e ripensamenti, quest’opera mi aveva visto impegnato per diversi mesi.
La sua ultimazione segnò anche la fine di questo periodo negativo ed iniziò così un bisogno di estrema semplicità espressiva, di immediatezza, sintesi di linguaggio per l’appunto.
In questo modo nacque una serie di acquerelli.
Lavori di semplicità estrema, fatti di pochi tratti, quelli indispensabili.
Lavoro molto complesso, per me, sintetizzare con qualche linea un concetto, un’emozione o, perché no, un personaggio.
Dagli acquerelli, poi, questo modus operandi si è trasmesso a tutte le opere successive.
Qual’è il tuo rapporto con il mercato?
Nella mia città il mercato si fa il lunedì e il venerdì, mi pare.
Ci vado di rado, quando devo comprare le verdure o la frutta di stagione.
Ma sopporto poco gli spazi affollati quindi cerco di rimanerci il meno possibile.
Leggendo metaforicamente è possibile capire qual è il mio pensiero.
Infatti ho rapporto fatto di piccole soddisfazioni alternate a periodi di lontananza.
Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?
Vivere d’arte è possibile.
Vivere facendo arte è possibile.
Consigli ne ho pochi, ma se dovessi darne solo due direi “Insistere”, nel senso etimologico del termine, cioè fermarsi dentro di sé, viversi, esplorarsi, ed “esistere”, stare fuori di sé, vivere, lasciarsi contaminare.
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Francesco Cogoni.