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Mostra di Angelo Liberati alla the Social Gallery

In questi giorni siamo stati alla Mostra di Angelo Liberati alla The Social Gallery.

Angelo Liberati è un pittore italiano nato a Frascati nel 1946. Formatosi a Roma negli anni ’60, ha trovato un’importante guida nel pittore italo-argentino Silvio Benedetto, che ha influenzato la sua ricerca artistica. Trasferitosi in Sardegna negli anni ’70, ha sviluppato una poetica che intreccia memoria e contemporaneità, esplorando il rapporto tra pittura, cinema e musica. Le sue opere, caratterizzate dall’uso di diverse tecniche e dalla contaminazione tra arti visive e sonore, hanno reso omaggio a registi come Michelangelo Antonioni e Luchino Visconti. Pur non partecipando a premi dalla Biennale del 1968, la sua produzione è documentata in numerosi cataloghi e documentari, confermando il suo ruolo nel panorama artistico italiano.

Abbiamo avuto il piacere di conversare con Mariolina Cosseddu, la curatrice della mostra:

F.C. Il testo critico parla di una sintesi visiva e critica “azzardata” per la complessità del lavoro di Liberati. Qual è stato il criterio principale nella selezione delle opere?

M.C. L’”azzardo” di una mostra concepita come sintesi di un lavoro lungo una vita intera è implicito nell’utopia di rendere manifesto quell’itinerario di sessant’anni di storia personale che incrocia una storia collettiva. Ora, è chiaro che un omaggio si può fare anche solo con un’opera che sia indicativa della cifra stilista del suo artefice seppure non potrà mai essere sufficiente a rendere la complessità di un percorso così vasto e ricco come, ad esempio, quello di Angelo Liberati.

Di cui si è voluto condensare, in circa venti opere, quel percorso figurale seguendo un evidente e ragionato criterio: selezione di alcuni momenti-chiave che dalla fine degli anni sessanta giungono al primo decennio del nuovo secolo mantenendo fede ad una poetica sempre personalissima pur nei debiti contratti con certe soluzioni delle neoavanguardie e con i suoi amati maestri di cui si conferma erede nel presente. Una poetica, quella di Angelo Liberati, che nella sperimentazione di tecniche e dettati compositivi sempre differenti, fa della sua pittura uno specchio dei tempi mentre lui si attesta testimone e interprete dei mutamenti sociali e politici trasfigurati in “visioni” liriche e provocatorie.

F.C. L’artista ha attraversato molteplici fasi e influenze: come si è evoluta la sua poetica nel tempo secondo lei?

M.C. Raramente per un artista si usa il concetto di evoluzione, che implica di volta in volta un giudizio di superamento rispetto al passato, semmai sarebbe più giusto parlare di trasformazioni che, nel caso di Liberati, ha comportato la possibilità di misurarsi con modalità e tecniche sperimentali consolidate e approfondite negli anni e con temi e soggetti che, ampliando a dismisura il suo universo visivo, ci consegnano un mondo di immagini fluide e in movimento continuo. In realtà il suo immaginario è costantemente alimentato da suggestioni diverse assimilate dalle sue stesse passioni che comprendono il cinema come la musica, la poesia come la stessa storia dell’arte passata e recente, in un connubio indistricabile di emozioni e visioni elaborate tra ragione e inconscio, tra memoria e sentimento.

F.C. Cosa pensa sia il messaggio principale che il pubblico dovrebbe cogliere da questa esposizione?

M.C. In arte il messaggio non è mai univoco né esplicito, piuttosto va cercato con pazienza e tempo, con curiosità e passione. Soprattutto in questo caso, dove Angelo Liberati affida un ruolo impegnativo ai destinatari, chiamati ad attraversare il suo labirintico universo per individuarne i fili che sostengono la sua poetica. Un’arte fortemente comunicativa, la sua, sollecitante l’immaginario e richiedente una partecipazione attiva per cogliere l’obbiettivo forse più evidente: la pittura come narrazione, come proposta di storie differenti, di incroci fuori dal tempo, di destini inconciliabili, come rappresentazione allora di una totalità illusoria dove il reale è dato per frammenti e si sublima nella composizione visionaria. Solo l’arte riesce ad attraversare il tempo nella forma dello spazio compositivo.

F.C. Se dovesse descrivere il lavoro di Liberati in tre parole chiave, quali sceglierebbe e perché?

M.C. Le tre parole che potrebbero racchiudere il senso profondo del suo operare le ho individuate in questi aggettivi:

Visionario (il suo è un microcosmo di tessere “reali” composte in un sistema irreale e frutto esclusivo di un immaginario in costante ebollizione);

Provocatorio ( perché costringe ad una lettura delle parti che obbediscono a traiettorie variabili e a congiunzioni apparentemente illogiche e fuorvianti);

Affabulatore ( un vero narratore che, oltre alle immagini, lascia sempre intravvedere una forma di scrittura di un alfabeto personale che si fa forma e accresce la seduzione dell’impaginato).

Mostra di Angelo Liberati alla the Social Gallery

Abbiamo avuto anche il piacere di fare qualche domanda ad Angelo Liberati, approfondendo la sua visione artistica e il suo rapporto con la pittura, il cinema e la musica. Ecco cosa ci ha raccontato.

F.C. La mostra alla Social Gallery viene definita un omaggio alla sua lunga carriera artistica. Come ha vissuto questa esperienza di sintesi del suo percorso?

A.L. Tra alti e bassi, come è normale per un mestiere come il mio, considerando le negatività dovute a situazioni socio-politiche-economico-finanziarie che negli ultimi decenni sono aumentate non per volontà degli umani ma con accentuazioni determinate da umanoidi che gestiscono le sorti della splendida Palla Blu; negatività parzialmente attenuate dal mio mestiere, che nei momenti di bonaccia mi consente di guardare avanti superando gli ostacoli o almeno schivandoli.

F.C. Guardando indietro ai suoi oltre sessant’anni di attività, c’è un periodo o una fase creativa che ritiene particolarmente significativa per la sua evoluzione?

A.L. Direi che il decennio che va dal 1968 ai primi anni degli anni ‘80 è stato il periodo per mettere a punto quello che poteva essere e che in parte è stato il mio futuro.

F.C. La sua arte sembra giocare con il dubbio e l’inquietudine, trasformando ogni immagine in qualcosa di mutevole e sfuggente. Qual è il significato di questa instabilità visiva per lei?

A.L. Il pittore Paul Klee ha realizzato una serie di disegni sugli Angeli, uno di questi è “L’Angelo dubbioso”, così sono io, inquietudine e dubbio sono parte del mio essere, un essere che tengo sotto controllo, salvo i casi come quelli all’epoca del bollettino della Galleria Arte Duchamp, che nella colonnina del “cosa fanno”, si leggeva: Angelo Liberati è incazzato.

F.C. Il suo legame con la Sardegna e le neoavanguardie isolane ha avuto un impatto sulla sua ricerca. Cosa l’ha attratta di questo ambiente e in che modo ha influito sul suo stile?

A.L. La Sardegna, la luce di Cagliari e “Lei”, hanno influito molto sulla mia scelta di vivere in una città medio grande. Le neoavanguardie, alcuni artisti, un certo ambiente culturale hanno completato il mio apprendistato d’artista, consentendomi di rodare il mio linguaggio, il mio modo di essere pittore contemporaneo al mio tempo.

Francesco Cogoni.

Consigliamo anche l’intervista fatta all’artista qualche anno fa: INTERVISTA AD ANGELO LIBERATI | ConnectivArt

Angelo Liberati Exhibition a cura di Mariolina Cosseddu | ConnectivArt

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In questi giorni siamo stati alla Mostra di Angelo Liberati alla The Social Gallery. Angelo Liberati è un pittore italiano nato a Frascati nel 1946.
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