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Perché il fantasy contemporaneo LGBTQ+ è necessario

Volevo scrivere un articolo sul fantasy contemporaneo LGBTQ+ e stavo pensando a quella notizia letta il 15 febbraio di quest’anno: una giovane ragazza transgender, appena ventiquattrenne, è stata torturata per settimane prima di essere uccisa. E mi chiedevo: se i cinque ragazzi arrestati fossero cresciuti con dei genitori che li leggevano libri come The Priory of the Orange Tree di Samantha Shannon, Sam Nordquist ora sarebbe ancora viva? Il libro che ho voluto citare è potente, dove draghi e imperi convivono con temi come l’identità e l’amore queer.

Ed è proprio da qui che voglio partire. Perché io, lettore appassionato di fantasy da sempre, so cosa vuol dire cercarsi tra le pagine e non trovarsi mai. Crescendo tra i racconti di Tolkien, Licia Troisi, Lewis o Rowling ho imparato a sognare mondi che sembravano infiniti… ma che avevano confini ben precisi. Non c’erano ragazzi che amavano altri ragazzi, principesse innamorate di streghe, cavalieri non binari. O almeno non erano personaggi centrali nel racconto.

Ma qualcosa è cambiato. E sta cambiando ogni giorno di più.

Il fantasy come specchio di nuove identità

Negli ultimi anni, il fantasy contemporaneo LGBTQ+ è esploso. Autori come Tamsyn Muir, con la sua serie The Locked Tomb, o Shelley Parker-Chan, con She Who Became the Sun, hanno rivoluzionato il genere, introducendo personaggi queer complessi e universi che mettono in discussione genere, potere e destino.

Questi romanzi non sono semplici “inclusioni”. Sono riscritture profonde del genere, ribaltamenti di archetipi che per decenni hanno escluso — o marginalizzato — ogni identità che non fosse cis, etero, bianca. Ed è qui che il fantasy LGBTQ+ fa qualcosa di radicale: prende il potere dell’immaginazione e lo mette al servizio della libertà.

In Gideon the Ninth, ad esempio, Muir mescola necromanzia, relazioni saffiche e ironia pulp in un mondo assolutamente originale. In The Midnight Bargain di C.L. Polk, la protagonista si ribella a un sistema patriarcale magico che ricorda fin troppo quello reale. In Pet di Akwaeke Emezi, invece, l’intersezione tra identità queer e razza si fonde in una fiaba distopica che parla di giustizia, visibilità e memoria.

Non è solo questione di rappresentanza

Quando si parla di libri LGBTQ+, spesso si cade nel tranello della rappresentanza come fine. Ma il punto non è solo “vedersi”. È ridefinire chi può essere protagonista, chi può vivere grandi avventure, chi può salvare il mondo — o distruggerlo.

Questi romanzi rispondono a un bisogno: quello di narrazioni che non perpetuino la marginalizzazione, ma la sfidino. Che costruiscano immaginari in cui le identità queer non sono più eccezioni o simboli, ma semplicemente reali. E questo vale ancora di più nel fantasy, che da sempre ha la pretesa di parlare di bene e male, di giustizia, di mondi migliori.

Ma allora perché c’è ancora resistenza?

Perché un libro fantasy con un protagonista gay o trans fa ancora notizia? Perché un’intera comunità può sentirsi minacciata da una storia immaginaria?

La risposta, per me, è semplice: la fantasia è politica. Chi decide chi può essere un eroe, decide anche chi conta nella realtà.

Una rivoluzione gentile (e magica)

Negli Stati Uniti, ma anche in Italia, sempre più giovani autori LGBTQ+ stanno emergendo. Penso a Aiden Thomas, primo autore trans maschio ad arrivare nella classifica bestseller del New York Times con Cemetery Boys, una storia dolce e potente che unisce il folklore latino alla ricerca di identità e amore. O a Alice Oseman, che con la sua serie Heartstopper ha portato in chiave più realistica ma con un tocco da fiaba la quotidianità queer nell’immaginario collettivo.

In Italia, pionieri come Licia Troisi, pur non focalizzandosi sempre su temi LGBTQ+, stanno comunque aprendo spazi per nuove voci. Ed è solo questione di tempo prima che la nuova generazione di autori italiani queer porti il fantasy nostrano a livelli internazionali.

La filosofia che sta dietro al fantasy contemporaneo LGBTQ+

Alla base del fantasy LGBTQ+ contemporaneo c’è un’idea semplice e profondissima: tutti meritano di sognare. Non importa chi sei, chi ami, o che corpo abiti. Anche tu hai diritto a cavalcare draghi, a sconfiggere demoni, a innamorarti di un elfo sotto la luna.

Questa filosofia non è solo inclusiva. È rivoluzionaria. Perché implica che il fantasy, invece di essere fuga, può essere ritorno: uno specchio che riflette il mondo come potrebbe (e dovrebbe) essere.

Fantasy contemporaneo LGBTQ+: il potere delle storie

Torno a quella ragazza trans, e me la immagino con il suo libro sotto il braccio, che pensa: non sono sola. Ogni pagina che leggi, ogni drago che affronti, ogni amore che vivi tra le righe, è un atto di resistenza. Perché dire che esisti, in un mondo che ti vuole invisibile o addirittura morto, è già una forma di magia.

E allora sì, continuerò a leggere, a scrivere, a consigliare romanzi fantasy LGBTQ+. Perché le spade devono essere per tutti. E perché i mondi migliori si costruiscono anche così: un libro alla volta.

Francesco Cogoni.

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