Dalla pittura di Alessandro Fioraso alla poesia ecfrastica di Yuleisy Cruz Lezcano

Dalla pittura di Alessandro Fioraso alla poesia ecfrastica di Yuleisy Cruz Lezcano.

Nella poesia la fraternità fra contenuto e forma non hanno una origine comune. La musicalità accordata ha bisogno dell’intelligenza espressiva e l’intelligenza espressiva ha bisogno del racconto, così tutte e tre devono agire in maniera solidale, ma in modo separato, per fare emergere una luce unica.

La cosa diviene maggiormente complessa quando il contenuto in qualche modo è vincolato da un’immagine che arriva al poeta dall’esterno. È come se parte del racconto viaggi su un filo su cui il poeta deve ricamare altro contenuto, senza perdere di vista la ricchezza espressiva e la musicalità. In questo modo il poeta deve riconoscere la musa non come idea che arriva ma come visione. Ed ecco che entra in gioco la poesia ecfrastica.

Questo tipo di poesia arricchisce interiormente il poeta perché lo invita a viaggiare su un doppio binario.

La poesia ecfrastica si definisce come la costruzione di versi cuciti sulle opere d’arte.

“La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede”. Lo scrive Leonardo da Vinci nel Trattato della pittura.

Quando si parla di mostre poetico-pittoriche a più mani, questa è una realtà che avviene da sé. Questo tipo di poetica ha radici lontane. Uno dei primi esempi di ecfrasi (ékphrasis) risale al poema epico di Omero “La Iliade”, in cui viene descritto lo scudo di Achille in quasi 150 versi poetici (libro XVIII, versi 478-608, Iliade).

Oltre alle descrizioni che si possono fare di un’opera d’arte, una poesia ecfrastica può contenere un’analisi di come l’osservatore viene colpito dall’esperienza visiva davanti all’opera. Per esempio nell’Ode a un’urna greca” di John Keats, in cui un antico vaso attrae la curiosità del poeta ed è davanti a tale visione che si fa delle domande.

Un poeta, impegnandosi con la poesia ecfrastica, aumenta la sua sensibilità. Credo che questo tipo di esperienza sia un’esperienza trasformatrice, un esercizio di stile, in cui le competenze si ampliano man mano che aumentano il numero. Ed è così che quando si lavora a più mani il poeta ascolta quello che l’opera ha da dire, apre i sensi all’immagine e tale apertura provoca delle riflessioni intime, persino sulla propria esistenza, incluso il portare a riflessioni di tipo sociale, portare addirittura a denuncia sociale. Le immagini possono aprire varchi e attraverso la breccia fare entrare e uscire diverse tonalità di luce e fare luce su argomenti impensabili.

Questo tipo di poesia si è evoluta nel tempo e ha acquisito numerosi significati. La poesia ecfrastica come è stata concepita nella mostra poetico-pittorica dal titolo “Il dipinto si fa poesia” di Alessandro Fioraso e Yuleisy Cruz Lezcano, non è una poesia meramente descrittiva del dipinto. Potrebbe collocarsi nell’ambito della descrizione verbale viva, cioè che pretende di creare nel lettore un’immagine come se il dipinto fosse presente nel racconto ma non è solo questo. Esiste in ogni poesia una nuova costruzione, senza perdere di vista la relazione con il dipinto.

In questa mostra poetico-pittorica si può cogliere una prima relazione fra il dipinto e la poesia di tipo epistemologico, in quanto la poesia ecfrastica rivela il modo in cui il dipinto che si osserva si relaziona con le parole con quello che viene visto e si può cogliere una seconda relazione semeiotica in quanto la poesia esplora la propria autoreferenzialità del simbolo verbale applicato a un simbolo visuale. Comunque l’immagine visiva che la poesia tenta di tradurre in parole, si perde nella traduzione, ma conserva il rispetto del dipinto.

La poetessa però, consapevole che il dipinto si regge da solo, ricorre alla fiction, inventando un nuovo racconto che parte dall’immagine. Così la poesia si lascia guidare dal potere illusorio del linguaggio. Ecco che questo tipo di mostra dedicato al viaggio sin dalla fase progettuale viaggia su un doppio binario, un viaggio di interpretazione e un viaggio di costruzione.

La poetica di Yuleisy Cruz Lezcano presente in questa mostra si basa sulla descrizione delle opere d’arte di Alessandro Fioraso però non si limita a descriverle o rappresentarle, ma costruisce un nuovo racconto, inventando nuove associazioni, inserendo nuovi elementi. In modo che l’osservatore possa attingere ad altri strumenti metalinguistici ed ermeneutici.

Sono qui

A forma di carta stellare
la pelle racconta
di stelle accese e stelle spente.
Solo il serpente di cristallo
può cambiare la propria pelle.
La sua pelle anteriore
è come la nostra.
Un pezzo di carta, la sua
cade con l’eleganza
e funge da foglio.
La nostra è un cordoglio
e dialoga con il dolore.
Con grave stupore
tutte e due bramano
sul passato, sul presente,
sopra le ossa, sopra il niente
e raccontano su una cartella
che l’unica cosa bella
è che la pelle può invecchiare, cadere
ma lo sguardo può continuare a vedere

con gli stessi occhi di un cuore bambino.”

Y.K.L.

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Per le opere di Alessandro Fioraso vi mandiamo al suo sito: Alessandro Fioraso

ConnectivArt.

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