Intervista a Fabrizio Avena

Quando e come nasce il tuo percorso artistico e quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Da ragazzino oltre che giocare il mio passatempo era disegnare e dipingere.

Ovviamente non ero un bambino prodigio, rifacevo le figure dei fumetti e altro ,come dire copiavo e ricopiavo bene esercitando la vista e la mano,

Poi durante gli studi la passione viene fuori e le composizioni spaziano dalle nature morte ai paesaggi in stile impressionistico, diciamo che in questo periodo frequento studi di pittori e di maestri come Albano Rossi ex docente all’accademia di Brera, con lui inizio l’anatomia e la formazione accademica per circa 2 anni seguo i suoi corsi.

Ovviamente non ho uno stile ma affino le varie tecniche: olio e velature alla Caravaggio e con stile impressionistico alla Monet e cosi via.

I temi sono i classici: maternità, nature morte, nudi, ma anche dare vita a sensazioni come (Frenesia di un attimo).

La mia prima mostra collettiva con tre opere avviene nel 1989 in un palazzo storico di Palermo, lì presento tre opere: una natura morta e due tele di grandi dimensioni (Dedalo composizione di 2 metri x170 e un’opera Lottatori di 120×100) tutti a olio, ebbi un discreto successo vendetti tutte e tre le opere ma conobbi quelli che dopo furono i miei collezionisti, amici e tutori di anima e poesia, il poeta critico d’arte Francesco Federico e sua moglie Cristina Casamento, in quegli anni inizio gli studi di architettura e alterno le riunioni con l’associazione Documenta Duemila di cui sono socio fondatore con i suoi manipolo di musicisti, pittori scultori e poeti.

La mia pittura risente molto della lezione che traevo da tutti, in particolar modo dai poeti e le loro poesie, e inizio a dipingere in maniera metafisica crocchi di nudi in eterno chiedersi, di emozioni e il perché dello scontento, e da qui il mio vero inizio di uno stile che mi porto dietro da allora.

Cosa cerchi attraverso l’arte e c’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

la linea del tempo della mia pittura come dicevo parte dagli anni 90 e arriva ai giorni nostri, in quegli anni la figura umana è l’unico tema che tratto, figure metafisiche sia nel colore che nella forma, prive di occhi abbozzi di nasi e bocca, la fisiognomia dei volti, e sul corpo e le posture ma anche l’inclinazione mirata delle teste, ciò fa dire a molti, “quella figura sono io” , e da qui l’intuito per la mia ricerca della gestaltica, ciò che non c’è lo mette chi guarda.

Negli anni a seguire a cavallo tra il 2000 e 2007, avviene un taglio linguistico una crisi di scrittura delle opere ed esploro il concettuale e l’astrattismo disorientando chi scriveva dei crocchi di nudi, io la chiamo crisi di scrittura ma in realtà sono io che cambio quello che facevo era intimistico e poetico e metafisico, ma parlava di me delle mie emozione mi mettevo a nudo, ora non avevo più niente da dire, ”pensavo” ma nel 2007 realizzo la prima opera vestita e con parziale volto, (Pierrot) provo una nuova grande emozione non ho perso nulla la mia tecnica si è evoluta e la narrazione trova nuova linfa non parlo più di me ma di voi, lei e dico lei perché prevalentemente la donna è il mio centro di esplorazione ma anche la coppia , adesso sono vestiti, e senza testa, quella la metti tu la mia ricerca si può riassumere con una massima di Pierre Bonnard,

Un quadro è un piccolo mondo che deve bastare a se stesso, non si tratta di dipingere la vita si tratta di rendere vivente la pittura.

Ecco la parola vivente capace di trasmettere emozioni di parlare ed ecco la frase tipica che si ripete:

“quella sono io”.

Qual’è il tuo rapporto con il mercato e cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?

Per quanto riguarda il mio rapporto con il mercato, diverse gallerie si sono occupate della mia arte ma sono molto schivo con questi ultimi, come diceva Picasso la maggior parte di chi commercia di arte sono imbroglioni, ma non tutti ovviamente, si ma lui poteva permettersi di farne a meno, ma sia allora che oggi la sottospecie di pseudo galleria è piena di imbroglioni, poi ci sono le gallerie multinazionali e le grandi fiere del supermarket, e i grandi promoter, tutto gira anche intorno alle regole del mercato finanziario, grandi case d’asta e collezionisti, domanda e offerta, io ho i miei mercanti e collezionisti e di tanto in tanto apro il mio studio al pubblico.

La lettura di libri specifici, e la frequenza di gallerie , le riviste specializzate i grandi eventi sono il mangiare che nutre la nostra anima di arte affiancata alla palestra del lavoro costante e con passione.

Se c’è talento viene fuori in maniere prepotente e da occasione viene occasione .

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Francesco Cogoni.

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