Interviste

INTERVISTA A GIORGIO CORSO

Metropolis, 40x50
Metropolis, 40×50

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

Vorrei fare una distinzione tra nascita della passione artistica e consapevolezza di voler fare il pittore.

Non so identificare un momento della mia vita in cui questa “cosa” che chiamano arte si è insinuata in qualche recondito angolo del mio cervello, probabilmente a 12/13 anni, quando guardavo ammirato le trasmissioni televisive in cui Giorgio De Chirico dipingeva in diretta.

Disegnavo e coloravo quasi tutti i giorni nei quaderni generalmente dedicati alla matematica.

Stava nascendo in me la passione.

La consapevolezza di voler fare il pittore è nata dopo, quando ho imparato quella che per il pittore è un linguaggio: la tecnica.

Ma quest’ultima senza il talento non serve.

Un pittore senza talento è un decoratore, un pittore che unisce talento e tecnica è un artista.

Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

Mi sono interessato e m’interessano tutti gli artisti e tutti mi danno qualcosa.

Naturalmente parlo di quelli che riconosco come tali, poiché attorno a me vedo tanti pittori, ma pochi artisti.

Quindi la domanda necessita di una risposta forse semplicistica.

In questo caso, rispondo cubisti e futuristi.

Fantasmi di Pietra, 40x50
Fantasmi di Pietra, 40×50

Cosa cerchi in arte?

Rischio di confluire in ragionamenti filosofici.

Aristotele, Platone, Kant, Croce e tanti altri l’hanno definita o in qualche modo si sono occupati dello studio di questa disciplina.

Fortunatamente molto meglio di me, ne hanno perfino fornito una definizione, quindi non mi cimento.

A me affascina la creazione, trasformare una tela bianca, cioè il nulla, in una atmosfera, un concetto, una sensazione o un sentimento espresso con la mia percezione della realtà.

Questo percorso è fortemente soggettivo: il poeta si esprime con le parole, il pittore con tele e colori.

C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

La mia ricerca è fatta di delusioni e di facili entusiasmi, di porte chiuse e di persone eccezionali che mi hanno semplificato la vita artistica, di fatica e di ore sottratte al sonno, di tele prima amate e poi criticamente riviste negative, di momenti di sconforto e di grandissima soddisfazione.

Insomma non è una vita facile se uno la vuole vivere con coerenza, con sincerità e possibilmente con originalità.

Questo è l’assillo di ogni artista.

Qual’è il tuo rapporto con il mercato?

Il mercato e l’arte corrono su due binari paralleli, qualche volta s’incontrano, come quelli degli scambi nelle stazioni.

Sovente purtroppo non hanno alcun punto di contatto, per cui ci sono artisti che nascono, vivono e dipingono senza che nessuno o solo qualcuno si accorga di loro.

E quando se ne vanno, restano solo le opere a testimoniare che forse erano dei grandi artisti.

Per cui il mercato non mi farà mai prigioniero.

Ho il sogno e anche la volontà di dipingere ciò che mi piace, che mi colpisce e che voglio comunicare.

Se non facessi così sarei un baro.

Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?

Consiglio di approfondire, analizzare, porsi delle domande, non avere paura di mettersi alla prova, non fuggire davanti alle critiche negative, che considero importanti e fonte di crescita.

Consiglio di non avere paura della fatica, perché l’arte richiede tantissima energia e tanto studio.

I risultati che si raggiungono sono minimi rispetto al tempo dedicatole. Più o meno in rapporto di uno a cento.

Consiglio di studiare tanto.

Quando avevo vent’anni consideravo la Fontana di Duchamp solamente un water.

Poi ho studiato e ho capito che è un’opera d’arte.

Buggerru 1903, trittico 1,20x50.
Buggerru 1903, trittico 1,20×50.

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Francesco Cogoni.

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