Pipilotti Rist: video arte e installazioni immersive
Pipilotti Rist nasce in Svizzera nel 1962. è universalmente considerata la pioniera della videoarte contemporanea.
Ispirazioni e Archivio Creativo dell’artista Pipilotti Rist
Possiede un capannone/ufficio pieno di oggetti a cui si ispira, oggetti da utilizzare nei suoi video e per le sue proiezioni, da cui attinge in caso di bisogno. In rapporto al colore, considera lo schermo qualcosa come un dipinto ma in movimento.
Dentro alle sue installazioni, il potere del colore permane e viene percepito come pericoloso. Perché seducente come una musica che comunica fortemente quello che le persone, come i maestri rappresentati dalle rispettose linee di bianco e nero, vorrebbero annullare. Il colore suscita reazioni emotive forti, come l’aggressività, che può essere però rappresentata “normalmente”. Data per scontato nella vita quotidiana come il resto della gamma delle emozioni positive, su schermo come in una sorta di catarsi.
Videoart tra tecnologia e uomo
L’uomo nelle sue proporzioni è limitato. Nell’ immedesimarsi a tutti gli altri esseri viventi di dimensioni più piccole come bambini, o insetti. Perciò può servirsi della videocamera che ha altre prospettive in base alla distanza o alla vicinanza in cui opera rispetto agli oggetti e utilizzare il suo occhio come visione della natura di questi ultimi.
La vicinanza agli oggetti ci porta ad avere una curiosità molecolare coadiuvata dalla musica di sottofondo alle sue opere. Musica molto suggestiva ed estremamente rilassante. L’ambiente museale è accogliente per far immergere lo spettatore nel colore, nella forma e nel ritmo delle proiezioni.
Riflessione sull’arte esperienziale di Pipilotti Rist
Riflettendoci le macchine sono create dall’uomo, perciò imperfette e soggette ad “ammalarsi”, come l’uomo che soffre di patologie psicosomatiche durante errori del suo sistema. In tal senso il malfunzionamento dei compagni esseri umani va onorato: la caduta, e il successivo rialzarsi, la morte, l’imperfezione, uscire fuori dallo schermo, da una situazione sporca o paragonabile al fango o da una schermo che ci imprigiona.
Nella società siamo schiavi delle immagini, però per una volta sono le immagini a ingoiare noi. Come nella sua installazione con schermo sul pavimento dove si entra nella bocca e si viene espulsi in loop come dal tubo digerente.
Ancora oggi, viviamo l’isolamento e una dimensione privata molto forte, il museo viene visto come una stanza di comunione e condivisione. Come accade per il soggiorno di una casa, che riaccomuna e riavvicina. Dove le luci e le immagini vengono proiettate non all’interno di una scatola-tv, bensì ovunque. Perché non c’è distinzione tra il mondo interiore immaginato, e la normalità è surreale. Può essere divisa in particelle più piccole o ci paragona nel video al pixel, che fa parte del resto dell’immagine e comunica con il resto in modo. Simile a come accade con i collegamenti elettrici nel nostro cervello.
La sovrapposizione attraverso la video tecnologia dell’uomo sulla natura. In un rapporto organico che cerca di fonderli perché l’uomo è esso stesso una molecola di materia. Un tutt’uno con l’ambiente circostante, e la videocamera è un’estensione dell’artista. Le sue complesse tecniche di revisione, movimento, e suoni per esplorare il rapporto della tecnologia con il mondo naturale. La possibilità di uscire fuori dallo schermo viene fornita dai proiettori, che hanno l’obbiettivo di “trasportare” lo spettatore.
Sara Rita Mascia.
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