INTERVISTA AD ALESSANDRO CONCAS
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Esattamente nel 2010, a seguito di un workshop tenuto da vari docenti, fra cui i registi Paolo Zucca e Simone Lecca, ho prodotto il mio primo cortometraggio “serio”.
In realtà, però, è da quando mio padre comprò una videocamera nei primissimi anni 90 che adoro fare riprese, ma a causa della scarsa padronanza del linguaggio e tecniche cinematografiche e la mancanza di strumenti digitali per lavorare al montaggio, le mie primissime riprese non si possono definire dei lavori artistici, ma piuttosto dei giochi.
Quali persone, artisti/registi ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
A questa domanda mi viene difficile rispondere.
Ho divorato cosi tanti prodotti audiovisivi nella mia vita, dai cartoni animati, serie tv, ai film, che sicuramente il mio modo di raccontare per immagini è influenzato inconsapevolmente da tutto ciò che ho guardato in vita mia.
Da quando mi interesso più seriamente al filmaking, cerco di rubare da ogni regista qualche caratteristica particolare di cui sono rimasto colpito.
Ad esempio mi piace parecchio l’uso della camera a mano tipico di Lars Von Trier, adoro la dimensione onirica di Fellini o il racconto per frammenti dei primi film di Nanni Moretti.
Ma fino ad ora non ricordo di aver pensato specificatamente ad un regista a cui ispirarmi, prima di girare una scena.
Mi faccio guidare dall’istinto.
Il discorso cambia quando mi capita di girare una scena citando apertamente il regista tirato in ballo.
Cosa cerchi attraverso la regia?
Diverse cose.
Mi piace raccontare storie, far emozionare i miei spettatori.
E mi da un’enorme soddisfazione visualizzare un qualcosa nella mia mente per poi vederla prendere vita.
Avendo frequentato il liceo artistico mi sono cimentato con disegno, pittura, scultura, ecc.
Ma sino ad ora, il cinema, è stata l’unica forma d’arte in cui, pensando ad un prodotto finito, sono riuscito a realizzarlo esattamente come l’avevo immaginato.
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
Fino ad ora, i miei lavori sono stati perlopiù eseguiti con la cosiddetta “regia da manuale”, vorrei cercare di impadronirmi il più possibile delle tecniche base di ripresa, prima di avventurarmi per sentieri sconosciuti alla ricerca di un linguaggio tutto mio.
Qual’è il tuo rapporto con il mercato?
Non ne ho ancora avuto a che fare.
Chiedermi di parlare di mercato sarebbe come chiedere di partecipare ad una maratona ad un bambino che ha appena imparato a camminare.
Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere di una forma d’arte come la tua?
Più che dare consigli, ne ho bisogno!
Però c’è una cosa mi preme dire che può sembrare banale: Ho visto tantissime persone, sia nel campo del cinema, che del fumetto o del teatro, che hanno tantissimi, e spesso validi, progetti.
Metteteli in atto!
Non lasciateli fermentare nella vostra mente o in fogli di carta.
In una parola:
FATE!
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Foto in Bianco e nero di Alessandro Gallo.
Francesco Cogoni.