INTERVISTA A DANIELE D’ANTONIO
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Non ha una data di nascita precisa, ho sempre amato l’arte e la ricerca della bellezza e/o della narrazione.
Iniziai da ragazzino a dipingere e a fotografare, ma impostai vita e carriera professionale in tutt’altra direzione.
Certe passioni tuttavia possono covare sotto la cenere per una vita intera e riaccendersi a distanza di decenni.
Cambiata vita, ripresi la macchina fotografica e iniziai a fare con questa ciò che non sono in grado di raccontare con un pennello, per mancanza di studi specifici.
Quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Una marea, anche se non ho mai avuto un Maestro al fianco del quale crescere artisticamente.
Se proprio vogliamo cercare delle radici, potrei dirti il Rinascimento Italiano e il Surrealismo.
Qualcosa anche della fotografia contemporanea, ma poca roba.
Cosa cerchi attraverso l’arte?
Vivere e comunicare, vomitare addosso al primo che passa tutte le riflessioni che affollano la mia parte consapevole e quella inconscia.
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
Sto iniziando a comprendere, guardando la mia produzione nel suo complesso, che sia che io fotografi pomodori, sia che faccia autoritratti o mi avvicini a forme più fotograficamente astratte, il filo conduttore, uno dei fili conduttori, è quello della narrazione, del messaggio, da trasmettere, chiedendomi se e come possa essere raccolto e soprattutto compreso.
Ottimo: vivendo su universi separati per scelta sua, non ci intralciamo assolutamente.
Che ci provi, se gli piace, come in tutte le cose.