INTERVISTA A GIUSEPPE LUCIO LABRIOLA
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Il mio percorso artistico non ha precisamente un inizio, ma si basa su una ricerca costante nel tempo.
Nel 1997 nasce il mio nome d’arte “DDT ART”, il quale si accompagna al logo che mi rende facilmente riconoscibile: la cavalletta.
La scelta di questo insetto è legata alla sua rara capacità di sopravvivere alle eventuali catastrofi nucleari e alla sua somiglianza con una maschera antigas.
Anche la scelta del mio nome d’arte è legata alla tematica sul nucleare: il ddt è un noto veleno insetticida, associato all’inquinamento e alla morte; ad esso si contrappone l’arte, che per me rappresenta la vita.
DDT= VELENO ARTE= VITA
Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Il primo in assoluto è stato Da Vinci, genio eclettico e sintesi perfetta tra arte e scienza, la drammaticità dei fiamminghi Matthias Grünewald e Bosch, Goya con la sua angoscia visionaria e infine Francis Bacon sul tema della metamorfosi.
Cosa cerchi in arte?
Attraverso la mia ricerca artistica cerco di lanciare un messaggio: le mie opere sono un grido violento contro l’orrore della società in cui viviamo.
Un preavviso di un futuro incerto da cui guardarsi anche perché le conseguenze sono lontane da ogni immaginazione.
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
La metamorfosi è senza dubbio un punto cardine del mio lavoro.
Riciclo scarti e plastiche industriali creando creature inquietanti, fantastiche, bizzarre.
Esse sono il frutto di mutazioni irreversibili, di intrecci tra uomini, insetti e cose.
Prototipi di incubi possibili di un universo degradato.
Qual’è il tuo rapporto con il mercato?
Non mi piace esprimermi molto in merito.
Credo che il mercato dell’arte a volte sia un meccanismo costruito, ma non spetta a me giudicare.
Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?
Consiglierei innanzitutto di credere fermamente nel proprio lavoro e di essere determinati, di difendere fino in fondo ciò in cui credono e magari partire per luoghi più attenti ed aperti al mondo dell’arte, in cui si è pronti ad investire sui giovani artisti nel tempo.
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Francesco Cogoni.