Intervista a LAURA SADDI
I tuoi lavori mi affascinano molto, hanno una forza espressiva molto singolare ma non riesco ad arrivarci razionalmente, da cosa nasce il tuo lavoro?
Grazie.
Il mio lavoro nasce dalla mia vita, forse sarebbe meglio dire che è la mia vita stessa perciò non può limitarsi alla sola sfera del razionale o di ciò che è convenzionalmente accettato come tale, ma è il frutto di studio, errori, ricordi, speranze, traumi, musica (tanta musica)…
Che mondo abitano i tuoi personaggi?
Un mondo che sta a metà, da non confondersi però col senso comune di equilibrio.
Solitamente lo identifico in maniera grafica con la linea dell’orizzonte che mi permette di lavorare su ulteriori simboli come terra/sotterraneo e cielo:
Rimaniamo comunque degli animali in grado di indagare i campi più sconfinati degli ideali e della scienza, ma guidati pur sempre dall’istinto di sopravvivenza che contraddice tutti i valori che vantiamo di aver conquistato.
In realtà quello che ci interessa veramente è nutrirci e riprodurci e solleviamo gli occhi al cielo solo quando dobbiamo chiedere a un dio o alla nostra voglia di ricerca come possiamo averne di più e meglio.
I miei personaggi sono ben coscienti di questa situazione e l’accettano senza giudicarla così sono in grado di comprendere e sguazzare tra la melma più profonda e le idee più leggere senza mai farsi afferrare da nessuno dei due mondi.
Ecco forse sarebbe meglio dire che non abitano nessun mondo, ma saltellano in tutti quelli in cui è possibile stare.
L’importanza della tecnica è molto evidente, in merito ai lavori a penna, per te la linea è solo un mezzo o è anche una giuda ?
Gira e rigira il soggetto e il tema indagato dall’arte sono sempre gli stessi: l’uomo e la sua interazione col mondo, perché anche se si opta per un informale ciò che si esprime è la percezione che l’uomo ha di una data idea o situazione e comunque, essendo uomini, ciò che diciamo è per forza il punto di vista di un uomo perché non siamo mai stati altro che uomo; quindi l’unica cosa su cui possiamo fare ricerca è il “come”, cioè la tecnica, attraverso quella che si sceglie di adoperare si possono aggiungere delle sfumature in grado di conferire un significato attuale a un tema secolare.
Nei miei lavori la linea è ora la protagonista assoluta, ora una guida travestita da mezzo, anche laddove si ingarbuglia maggiormente cerca sempre una corrispondenza che la riequilibri.
Quanto influisce il paese in cui vivi nel tuo lavoro?
Tempo fa mi era stata fatta una domanda simile e avevo risposto che in quest’epoca dalle interconnessioni globali non ero influenzata dal paese in cui vivo, ora ho cambiato idea: se è vero che grazie a internet è possibile conoscere superficialmente tutto ciò che sta nel mondo, è anche vero che abitare nella periferia geografica e culturale comporta dei grossi limiti per quanto riguarda gli stimoli e i confronti oltre che per una minima affermazione economica.
Poi forse ad avermi influenzato maggiormente sono più che il paese- inteso come centro abitato- i lunghi periodi trascorsi in montagna o il fatto di capire la mia posizione nel mondo osservando dalla finestra la linea dell’orizzonte composta dal mare.
Come funziona l’ambiente delle gallerie e che impatto ha la tua arte nello spettatore?
Bella domanda, non sono di quelle che odiano le gallerie o comunque non le condanno a prescindere.
È normale che con assenza e disinteresse sempre maggiore delle istituzioni pubbliche abbiano conquistato terreno quelle private, spesso è proprio grazie alle gallerie che un artista può pagarsi le bollette o può confrontarsi su temi specifici con altri addetti ai lavori o con semplici curiosi.
È anche vero che il mondo sta cambiando sotto i nostri occhi e che per alcuni versi anche le gallerie stanno diventando obsolete, ma questo è un problema che in Sardegna non ci riguarda perché praticamente non ce ne sono.
Dobbiamo capire in maniera coerente e responsabile che ruolo vogliamo giocare.
Solitamente quando mi capita di esporre o di espormi noto due reazioni: c’è chi rimane affascinato e si sente come compreso, non più solo, e chi invece si spaventa perché mi trova cupa.
Quando mi capita di parlare con i secondi, qualcuno di loro sente pure la necessità di giustificarsi, così si complimenta per la tecnica ma mi spiega che i miei lavori sono poco adatti per le pareti della propria casa perché è alla ricerca di qualcosa di allegro, che non ponga troppi problemi così da non aprire il varco al senso di frustrazione che ipocritamente nasconde; da parte mia non credo che assecondarli sia il mio compito, per quello in fondo c’è Sanremo.
Cosa diresti ad un giovane artista che non può fare a meno di cercare e creare ma non ha possibilità economiche ne un mercato?
La ricerca e la sua finalizzazione sono il senso della vita, quindi se si rinuncia si vive come gli zombie che saranno pure di moda ma rimangono inutili.
Per un artista “formato” le possibilità economiche sono facilmente arginabili, una penna e un foglio di carta sono alla portata di tutti e così molti altri strumenti, quindi molte lamentele sono delle semplici scuse per rimandare la propria vita.
Per quanto riguarda il mercato è un po’ più complesso, ma credo che con costanza si possa costruire anche quello, bisogna però avere chiaro un punto: se si lavora con lo spirito della ricerca allora si deve cercare o formare anche un pubblico in grado di apprezzarla, il che probabilmente richiederà più tempo, se invece si ha come obiettivo la vendita allora bisogna dare al pubblico ciò che cerca senza mai sconvolgerlo.
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Francesco Cogoni.