ArteInterviste

INTERVISTA A PABLO ECHAURREN

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

Tutto ha inizio nel 1968, frequentavo ancora il liceo classico quando incontrai Gianfranco Baruchello, padre di una mia compagna.

Fu lui a condurmi, mano nella mano, nei meandri dell’arte.

Mi fece letteralmente da padre.

Invece che portarmi a pescare o alla partita di pallone mi portò a scoprire il mondo dell’arte di cui il mio padre biologico non mi aveva mai parlato.
Fu lui a portare le mie prime cosette (copiate spudoratamente dal suo lavoro) da Arturo Schwarz che le comprò e mi promise di continuare a farlo.

Senza tali premesse non credo che mi sarei avventurato oltre.

Quali fattori hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

L’atteggiamento di distacco che professava Baruchello, la sua ironia, il suo sospetto verso gli artisti professionisti.

La noia che mi procura frequentare il mondo dell’arte, il senso di inutilità e tragica autoreferenzialità, ha fatto sì che mi tenessi sempre ai margini del cosiddetto “sistema”.

La qual cosa ha permesso di poterlo osservare senza paraocchi e senza ipocrisie.

Con qualche contraddizione (le contraddizioni sono inevitabili) ma con il necessario distacco.

Cosa cerchi in arte?

Cerco di poter dire la mia senza farmi condizionare.

Cerco di poter utilizzare l’arte come uno strumento non come un fine.

L’arte (parola di per sé indigesta) deve “servire” come una sorta di imbuto o lente per filtrare la realtà e raccontarla.

Non solo al prossimo ma anche a me stesso.

Per questo ho cambiato spessissimo genere espressivo, per adattarmi e mettermi in ascolto delle diverse voci che provengono dalla società civile (che è tutt’altra cosa dalla comunità artistica).

C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?

Sono gli altri a doverne parlare, della mia ricerca.

Io mi limito a fare.

Qual è il tuo rapporto con il mercato?

Del tutto inesistente.

Detesto il mercato.

Detesto gli adoratori del Corpus Christie’s e del Corpus Sotheby’s.
Make Art Not Money, questo il mio slogan.

Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?

Per prima cosa lo sconsiglierei e poi lo spingerei a chiedersi se davvero sente tale bisogno, senza mirare al successo o al riconoscimento.

Perché è un viaggio molto duro, una traversata del deserto.

Se non si è motivati e corazzati si finisce schiacciati.

INTERVISTA A PABLO ECHAURREN (CONTATTI)
www.pabloechaurren.com
www.fondazioneechaurrensalaris.it

Francesco Cogoni. 

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