INTERVISTA A PAOLA TASSINARI
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Il mio percorso artistico è da autodidatta, ho sempre amato, sin da molto piccola, le arti visive e la scrittura, ma la vita non mi ha permesso di frequentare studi regolari.
Sono diventata madre a sedici anni e le condizioni economiche non mi permettevano né di scialacquare denaro né di non adattarmi a qualsiasi lavoro che mi permettesse delle entrate.
Per la prima parte della mia vita ho immagazzinato da tutti gli ambiti artistici e letterari, leggendo moltissimo, visitando mostre e musei, frequentando i corsi universitari di storia e arte da uditrice e vari corsi sulla tecnica pittorica.
Ho dipinto quadri dal vero, e molti autoritratti, finché non mi sono accorta che assecondavo i gusti degli altri, con una pittura esteticamente accattivante, ma non era quello che volevo fare io.
Diventato adulto il figlio, mi sono ritrovata economicamente a “posto”, ho iniziato così a divulgare il mio messaggio.
Sì perché sia nella scrittura che nelle arti visive, mi preme diffondere un senso della vita, un interrogativo che nasce dal chi siamo, cosa vogliamo, dove andiamo.
Certo è una ricerca che mi provoca alti e bassi, euforia per un traguardo, malinconia perché ci sono altre tappe che paiono insormontabili da fare.
A volte mi capita di dipingere o scrivere situazioni che poi si realizzano nella realtà, ciò mi fa riflettere molto sulla forza dell’energia e della volontà, a volte però studiare e ricercare sull’arcano, sui simboli, sugli archetipi, sulle cose che si percepiscono ma non si vedono non è facile per niente, perché non si può essere mai sicuri di nulla.
Quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Gli artisti contemporanei, li apprezzo ho “invidia” per la loro tecnica la loro bravura, ma in genere non mi stimolano, mentre ho “rubato” a piene mani da Marcel Duchamp che considero uno dei miei maestri, assieme agli artisti dell’Arte Povera e a Piet Mondrian.
Duchamp mi attrae per la sua ironia, perché tutto è importante e niente lo è, mi interessa perché gioca e toglie il pregiudizio che sta ficcato in noi anche se cerchiamo di non averlo, è come la gramigna, il pregiudizio, l’erba che soffoca ogni idea nuova.
Ci tengo a dire che ho effettuato qualche performace, del tipo di inviare cartoline coi miei disegni, con messaggi beneaugurali a gente sconosciuta, come pure ho messo cartelli nella mia città, Ravenna, per stimolare la solidarietà, ma senza i mass media, i quali evidenziano solo quello che fa comodo a loro e cioè il male che è quello che attrae maggiormente, sono stati eventi nel vento, non importa comunque io scrivo e dipingo ugualmente.
L’Arte Povera mi interessa per il riutilizzo, per vari anni ho usato materiale di scarto, proveniente dai cassonetti, col significato che quando noi verremmo messi in una bara, qualcuno, forse Dio, ci venga a recuperare.
Mondrian è l’azzeramento della pittura, da cui ripartire, un nuovo realismo impregnato di Altro, di simboli, archetipi, del divino.
Cosa cerchi attraverso l’arte?
Cosa cerco di fare attraverso l’arte?
Dio è morto ha detto Nietzsche, io voglio farlo resuscitare.
L’importante non è sapere se Dio esista o no, l’importante è sapere che l’uomo senza Dio non può stare.
L’evidenza è l’oggi, dove una massa divaga non sa più dove sbattere la testa, parlo dell’Occidente, grasso, sazio e intriso del nulla, del niente.
Il virtuale impera confondendosi con la realtà, su Internet, sui social, le persone pubblicano pensieri d’amore, fratellanza, solidarietà, ma è aria fritta, meglio sarebbe il “virtuale” Dio che si confondesse con la realtà col messaggio d’amore di Cristo, con le leggi divine a supporto di quelle terrene che oramai non si rispettano più.
Manca la fiducia, la fiducia che non siamo soli, che nulla accade per caso.
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
Dopo aver usato a lungo gli scarti e i rifiuti per le mie opere, il recupero del gettato col senso di rinascita dalla morte, ho realizzato una serie di opere col “telaio” a righe, coi colori primari di Mondrian , con raffigurato sopra degli animali, volevo dire con ciò che l’uomo di oggi ha la tecnica che lo fa vivere più comodamente, ma ha dimenticato “l’intuito animale”, non ha più il senso del sacro, non ha più il sale in zucca che derivava all’uomo dallo stare a contatto con la natura, è un uomo guidato dalla tecnica, dal consumismo, che cerca in modo spesso sbagliato di avvicinarsi agli animali…
Vedi i piumini e gli swarovski sui cani e i bimbi del Terzo Mondo affamati, rapiti per schiavismo, droga, prostituzione e traffico d’organi.
Un mondo a rovescio.
Gli ultimi lavori sono ritratti primordiali, di persone reali, eseguiti come archetipi, dove gli occhi enormi cercano di far intravedere l’anima, sono visi/fumetto ma con l’anima.
Qual’è il tuo rapporto con il mercato?
Il mio rapporto col mercato è deleterio, non so mercanteggiare.
Se si vuole emergere, sia nella scrittura che nella pittura, basta pagarsi la pubblicità, più paghi più sei, questo è il mio pensiero.
Partecipo solo a concorsi, ribalte e mostre non a pagamento, non mi interessa vendere, eseguito il lavoro, io ho messo in circolo l’idea non è più un mio problema, io non ho taciuto, io non sono stata zitta. Naturalmente ho pagato caro il non stare zitta, ma è pur vero che se non fai quello che senti e ti metti la maschera…
avrai mai vissuto?
Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?
Cosa consiglio a chi vuole fare arte?
Trovarsi un qualsiasi lavoro per sbarcare il lunario e poi vivere l’arte in libertà.
Se poi arriva la fama, qualche volta succede, se è destino, meglio scomparire, fare come Bansky, perché la fama è il contrario della libertà.
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Francesco Cogoni.