Intervista a Pasquale de Sensi
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Ho iniziato ad esporre in maniera più o meno costante a partire dal 2006 circa, ma già da molti anni prima mi divertivo a improvvisare mostre nei posti più disparati, centrali o periferici, con amici e nemici, senza farmi problemi riguardo alla professionalità o alla qualità, senza prudenza.
Ero solo un ragazzo ma questa mancanza di paura è stato un fattore fondamentale che mi ha permesso di espormi liberamente e di avviare un percorso artistico ma anche formativo sul piano umano.
Una certa dose di naturalezza, essere aperti ai rischi, misconoscere le regole del gioco (il giochino di ruolo del sistema del contemporaneo), sono qualità che rafforzano la propria visione e la propria identità artistica. Soprattutto per un artista emergente è fondamentale saper riformulare alcuni codici stabiliti e crearsi il proprio percorso in maniera indipendente.
Altrimenti alla ricerca si sostituisce la corsa al successo sul modello ridicolo del talent show.
Quali persone, artisti ed episodi hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Gli incontri e le collaborazioni con altri artisti sono sempre stati necessari per farmi uscire dal mio guscio e dai miei vizi di forma.
Una delle collaborazioni migliori è stata per esempio quella con i Julie’s haircut.
Con loro mi sono trovato particolarmente bene.
L’artwork per il loro album ashram equinox è tuttora uno dei lavori di cui sono più soddisfatto.
Più che le esposizioni personali mi interessa mischiare il mio lavoro con quello di altri autori, diversi da me, che inevitabilmente deformano i miei orizzonti.
Mi piace la contaminazione e credo che, se si parla di creatività, bisogna evitare la profilassi, l’igienismo estetico e l’ideologia.
La collaborazione è una forma di comprensione, un tentativo di creare empatia e sfondare i limiti del proprio ego.
Cosa cerchi attraverso la forma d’arte che utilizzi?
Qualcuno ha detto “Io non cerco. Io trovo”.
Al di là della presunzione del testo, condivido il pensiero.
Credo che l’arte non sia rappresentazione, ma produzione.
Reale ed effettiva.
Un pittore non rappresenta qualcosa di precedente o successivo alla sua pittura.
Non si appende ad un concetto o a un messaggio, ma produce qualcosa di sostanziale ed utile in sé.
‘L’immaginazione poetica produce disegni e cattedrali come la natura produce fiori e coccodrilli’.
Gli artisti che riconducono espressamente la propria ricerca a valori culturali o sociali sono come infermi alla ricerca di stampelle.
Nascondono un prete e bisognerebbe diffidarne.
Un altro diceva “no ideas but in things”.
C’è una parte nella tua ricerca artistica di cui vorresti parlare in particolare?
Mah… non saprei davvero… ne approfitto per raccontare di quella volta che ho visto un ufo.
Ero nel cortile dietro casa, in novembre.
Ero uscito per fumare una sigaretta e dalla linea dell’orizzonte è partita una luce simile ad una piccola sfera rossa.
Inizialmente ho pensato ad un aereo ma, avvicinandosi, diventava sempre più grande.
Veniva avanti senza alcun rumore, a una velocità molto sostenuta e costante. Rosso arancione con i bordi più freddi, sul violaceo.
Mi è passato sopra la testa ed è scomparso nella direzione opposta.
Si muoveva in linea retta.
Mi ha dato l’impressione che stesse scandendo la zona.
Una delle cose più belle ed emozionanti che abbia mai visto.
Qual è il tuo rapporto con il mercato?
Il mercato dell’arte non è molto florido ultimamente.
Le gallerie tendono ad aumentare troppo i prezzi delle opere senza considerare la situazione reale del paese.
Ci sono alcuni collezionisti che mi seguono e credo che abbiano anche una visione chiara di quello che faccio.
È una bella cosa poter vivere della propria arte ma non c’è niente di garantito dal punto di vista del guadagno.
A volte sei ricco, altre volte sei povero.
Non essendo un ambizioso, preferisco aspettare che le idee arrivino quando devono, senza forzarle.
Lasciarle maturare.
Questo determina anche dei momenti di pausa, di germinazione.
Per cui il raccolto non è costante.
Qualsiasi mercato richiede un piano di produzione più o meno costante, mentre l’ispirazione (io credo nell’ispirazione) è imprevedibile, è qualcosa che non possiamo controllare perché viene dal’esterno o da un interno che non sappiamo localizzare.
Una cosa a cui tengo molto, perché parte della mia prima formazione, sono i “mercati neri”… i circuiti paralleli, gli spazi indipendenti, le fanzine e tutto ciò che è autoproduzione.
In questi contesti è possibile modulare il costo anche in base alle possibilità del pubblico, (serigrafie, poster in ltd edition…) favorendo una fascia di collezionisti più giovani, studenti, chiunque.
Si tratta di disperdere le immagini in un’area aperta ed è una cosa che sta agli antipodi dell’impostazione frigida, elitaria, superanalitica di alcune gallerie.
Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?
Di non avere assolutamente come principale motivazione quella di vivere d’arte.
Nei giovani ultimamente vedo diffondersi questa idea assurda per cui essere artisti è una cosa figa e magari un modo per fare i soldi.
Non so da dove venga, ma è parecchio diffusa.
In questo caso, state sbagliando completamente prospettiva e siete fuori strada.
Se volete fare i soldi consiglio odontoiatria, uno studio notarile o una specializzazione in proctologia.
Se volete essere fighi, consiglio uno psicanalista.
Se volete fare gli artisti, dovreste avere quella dedizione innata che porta a diffidare dei consigli degli altri, delle critiche dei professionisti tanto quanto delle impressioni del pubblico.
La pagina facebook https://youtu.be/zmGo3a3h7z4
Il sito: http://pasqualedesensi.tumblr.com/
Francesco Cogoni.