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Mark Rothko la complessa semplicità della condizione umana

Mark Rothko Nasce il 25 settembre del 1903 e dedicò la sua vita alla complessa semplicità della condizione umana! scopriamo perché:

L’arte di Mark Rothko ha suscitato reazioni opposte da quando la sua opera ha conquistato un’attenzione significativa, alla fine degli anni ’50.

Da una parte una venerazione simile a un culto, un ardore da parte degli appassionati che va oltre l’entusiasmo tipico per l’arte. Dall’altra un rifiuto quasi derisorio, un risentimento profondo per un pittore che ha osato presentare opere così “semplici”.

Rothko iniziò e concluse la sua carriera con il desiderio di esprimere la condizione umana attraverso le sue opere.

Ma come?

Questo può non risultare immediatamente evidente nei suoi dipinti, che presentano vaste campiture di colore saturo, mirabilmente abbinate. Tuttavia, lui sosteneva di essere interessato al dramma umano, non all’esecuzione di un’opera decorativa, né ai rapporti di colore e spazio o alla bellezza in sé. Condivideva pienamente l’idea che l’arte abbia il potere di coinvolgere profondamente coloro che si relazionano ad essa.

Considera l’opera d’arte, il quadro, come un tramite quasi mistico che metta in contatto con l’ “altro” (sostanziale differenza con l’ Action Painting, tutta centrata sull’espressione di sé).

La tecnica:

Per arrivare al suo straordinario risultato passa attraverso un’elaborazione formale che, almeno fino al 1950, non lascia presagire quello sviluppo e quella perfezione che caratterizzerà tutta la sua produzione successiva: all’inizio, negli anni tra il 1942 e il 1947, l’interesse per il mito si rendeva visibile nelle forme, già astratte ma ancora legate a un archetipo, presenti sulla tela.

Poi le forme vengono assorbite dal piano, perdendo anche quella loro minima identificabilità, per arrivare a quelle tipiche campiture di colore che scandiscono orizzontalmente la superficie del quadro, sin quasi ai bordi, dove si sfrangiano in confini indefiniti e indefinibili.

La tecnica usata da Rothko si avvale di spugne (più che di pennelli) per stendere il colore e di una materia cromatica diluita al massimo, quasi impalpabile, per creare un effetto visivo d’immaterialità, di mistero e di trascendenza.

La sua poetica:

Nella poetica di Rothko incide anche la sua origine russa, col misticismo ortodosso delle icone, vere e proprie finestre su un mondo ultraterreno: di fatto la sua è una pittura della luce – anche nelle opere dai cromatismi più scuri – con tutto ciò che comporta il riferimento filosofico, religioso e trascendentale alla luce, metafora assoluta di ogni emozione umana.

La composizione dei suoi quadri è sempre per campiture orizzontali su una superficie verticale. L’artista non vuole che si possa ipotizzare nelle sue tele la presenza di un orizzonte e, quindi, di un paesaggio: i campi di colore, sempre sfumati nei contorni, non tagliano mai in due la superficie e configurano un’atmosfera, uno spazio che non ha nulla della realtà.

Egli affermava: “Un’artista non dipinge per gli studenti di disegno o per gli storici, ma per gli esseri umani… e la reazione degli uomini di tutti i giorni è l’unico premio capace di dare soddisfazione vera all’artista”

Fisicamente logorato a causa del suo regime alimentare, dall’eccesso di alcol e fumo e dopo una vita segnata dalla depressione, nel primissimo mattino del 25 febbraio 1970 si suicidò nel suo studio di New York.

Ecco Mark Rothko e la complessa semplicità della condizione umana.

Per vedere le opere al link: https://www.google.com/search?q=mark+rothko&sxsrf=ALiCzsYSiRYENRnhkXHzN0AQurMk9FTX3g:1667403948015&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=2ahUKEwiHvZLg64_7AhWjVPEDHe-ECJUQ_AUoAXoECAEQAw&biw=1536&bih=746&dpr=1.25

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