INTERVISTA AD ALESSANDRO MELIS
Quando e come nasce il tuo percorso artistico?
Penso di aver avuto piena consapevolezza di aver intrapreso un percorso artistico nel 2009, quando terminati gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, mi sono dedicato all’attività pittorica.
Da allora uso uno spazio espositivo in via Principe Amedeo 8 Cagliari, dove espongo alcuni dei miei lavori.
Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
Oltre a coloro che hanno contribuito alla mia formazione sin dai primi anni di educazione artistica, ai quali devo molto, ai miei docenti dell’Accademia: Walter Guadagnini, Davide Benati e Luca Caccioni, a tutti gli artisti che ho personalmente incontrato, potrei citare Sol Lewitt, Gerard Richter, Julian Schnabel, August Strindberg, Arman Pierre Fernandez, Mario Schifano, il movimento Gutai.
Cosa cerchi in arte?
In arte cerco un mondo che non si può fermare.
Cerco i silenzi, le visoni, gli inviti alla vita, le circostanze esterne ed interne delle esistenze.
Tutte le circostanze che determinano gli accadimenti e gli eventi, Cerco un mondo che nella sua moltitudine vive nella continua tensione di capire, di stabilire nessi, di cercare risposte alle domande ultime che ogni circostanza porta con sé, alle confidenze vere, false o apparenti.
Cerco dei nessi che aprono “apparenti orizzonti”, o un arte che scava dentro le “inquietudini” della vita, sulle rive avverse della fratellanza, su versi avversi riversi, sui fiumi dei luoghi comuni, sui sedimenti, sulle nuove isole non più rive avverse, sugli amici-nemici, su chi uccide a parole, su chi ti dà la vita, su chi uccide piano piano, su chi uccide prima della morte, su chi uccide a parole, su chi non ha colpa se uccide, su chi sequestra il tuo copro o la tua anima, o viola la tua purezza, su chi crede in Dio, sull’acqua, sul nulla sulla foce del fiume, sulla foce del fiume del nulla, sui mulinelli testardi e feroci delle proprie convinzioni, sula stupidità stupefacente, sulla stupefacente stupidità, sul pensiero spensierato, sul pensiero di un pensatore, sul prima ora e dopo, sulla finzione del tempo, sulla necessità del tempo, sull’amore improvviso, sull’amore finito, sull’amore incompleto, sull’amore gitano, sull’amore clandestino, sull’amore della vita, sull’amore mediterraneo, sull’amore presente, su chi ti ama, su chi ami e i suoi occhi castani, sul cavallo bianco, sul colore nero, sulle verità mute, sulle verità mutuate, sul calore del vuoto, sul vuoto nudo, sul nudo, sulla vanità, sul invano, sull’apparenza del nulla, sulla scala e i gradini, sui paesaggi, sui passaggi d’amore, sul golfo degli angeli, sulla sella del diavolo, sulla notte dei poeti, sul buio infinito, sulla paura del buio, sul coraggio, sull’istinto, sulla bellezza, sulla povertà e la miseria, sulla bellezza, sul movimento leggero, sulla forza del gesto, sulla carezza, sul soffio di vento, sulla pioggia, sul possesso, sul colore espanso, sul colore in un piccolissimo punto su uno spazio bianco, sull’accumulo, sulla separazione, addizione, moltiplicazione, divisione, sul colore immenso, sulla paralisi, sul movimento, sulla vicinanza nella lontananza, sull’ombra, sull’ombra su ombra, sul mercato dell’ombra, sull’ombra senza ombra, sui colori dell’anima, sulla luce della morte.
Cerco un arte “a piede libero”, dove ognuno possa camminare scalzo, essere disteso al sole anche col “sole girato” e poter dire “da qui si vede il mare”.
C’è una parte della tua ricerca di cui vorresti parlare in particolare?
La mia ricerca è su un mondo libero e si basa su un’esercizio continuo per non accasarsi in un ambito definito e protetto.
E’ un percorso apparentemente contraddittorio, come solo le parole lo sono, ma non i colori che celano e pitturano il mondo.
Ed è anche pericoloso per via della riconoscibilità dell’autore; oggi tanto richiesta ai fini di una presunta affermazione nel mondo dell’arte.
A volte cerco delle figure geometriche essenziali, altre volte elementi plastici o semplici oggetti, ma il più delle volte cerco la forza del colore, delle sue mescolanze o separazioni che vengono determinate dalle circostanze di tempo e di luogo della stesura, del suo essere qua e là, questo e quello, non essere, ovvero essere silenzio in movimento o afasica immobilità.
Opero per un “significante in/dipendente”, per un continuo “fronte del porto”.
Per cui la ricerca agisce sul pensiero del viaggio che il colore esegue sulla tela, e sul conseguente abbandono e dono.
Ciò ritarda l’indifferibile e l’inevitabile: lo smarrimento e la perdita che avviene quando il lavoro è finito sebbene incompleto.
Ricerco una pittura che renda vivi e partecipi delle possibilità che possono essere, pur col desiderio dell’originaria assenza (la tela bianca come metafora dell’energia primordiale).
Pertanto una ricerca che può essere considerata come un’istanza di udienza nelle stanze degli opposti ma anche in quelle della luce e dell’armonia.
Una ricerca sul sentimento che sorride, che piange per l’emozione, sulle lacrime che fanno parte dell’esperienza, sul dolore sofferto e inferto, sull’ironia, sull’apparente superficialità e finzione dell’essere.
Infine è una ricerca sull’invisibile che in ogni essere respira, inspira, espira, e nell’essenza vede, cede, procede, perisce per vivere, nonostante la morte, la vita.
Qual’è il tuo rapporto con il mercato?
Raramente opero sul mercato e quando lo faccio agisco direttamente.
Quando mi avvalgo di intermediari cerco a condizioni di reciprocità la massima disponibilità e autonomia possibile.
Cosa consiglieresti ad un artista che vorrebbe vivere d’arte?
Non ho consigli da dare.
Posso renderlo partecipe delle seguenti riflessioni: gli orizzonti sono sempre apparenti; la volontà può essere una buona compagna ma anche una ostinata rivale; ognuno ha il diritto di scegliere la sua strada e di vivere la sua vita.
Francesco Cogoni.