Intervista con Mirella Mibelli
Oggi abbiamo l’opportunità di condividere con voi questa bellissima Intervista con Mirella Mibelli artista venuta a mancare nel 2015.
L’intervista è del 2004 tratta da “Tracce nell’acqua di Maria Dolores Picciau attuale Assessore alla Cultura al Comune di Cagliari.
Intervista con Mirella Mibelli
M.D.P. La tua è pittura intrisa di sentimento e di poesia, che prende spunto dall’osservazione diretta della realtà…
M.M. Ho dedicato molto tempo all’osservazione del mare, le rocce, in sostanza al paesaggio della Sardegna. Osservare dalla barca o in giro per la campagna mi provocava sempre grandi emozioni, mi sono sempre domandata il perché e sono arrivata alla conclusione che in fondo tentavo di spiegare con guizzi di luce e linee vibranti le sensazioni che il mondo mi provocava.
Ciò che mi prendeva ed intrigava era il fatto che ciò che osservavo erano segni e colore. Durante i primi anni della mia carriera, io lavoravo senza sapere cosa stessi facendo, mi preoccupavo della correttezza della tecnica, degli equilibri della composizione, della giustapposizione dei colori, solo più tardi entrai nel «canale della ricerca» ed allora ho capito che il lavoro viene dal tuo lavoro e credo che abbia ragione chi ha affermato che in fondo il pittore dipinge sempre lo stesso quadro.
M.D.P. Hai iniziato giovanissima. Come ti sei avvicinata all’arte e quali sono stati i riferimenti più importanti per te in campo didattico e poi artistico?
M.M. Fin dalla adolescenza dipingevo ingenui paesaggi, ritratti, nature morte, dove la finalità principale era quella di raggiungere una qualche somiglianza con la realtà che mi proponevo di copiare. Non possedendo alcuna tecnica pittorica, i risultati erano spesso molto deludenti, anche se non sbagliavo quasi mai le proporzioni, la prospettiva. In realtà non sapevo cosa fosse l’arte, il suo significato, il suo scopo.
M.D.P. A un certo punto hai lasciato la Sardegna per studiare fuori. È stata una scelta difficile per una donna?
M.M. Dopo aver frequentato la quinta ginnasio, poiché in Sardegna nel 1953 non esisteva ancora né un istituto d’arte né un liceo artistico, mio padre acconsentì finalmente a farmi frequentare una scuola d’arte di Roma. Partii quindi per il Continente e frequentai l’istituto d’Arte Zileri.
Puoi immaginare cosa sia stato per una ragazzina di quindici anni, desiderosa d’autonomia, di libertà, un po’ ribelle anzi molto, poter scegliere i propri studi e farlo in una città considerata il cuore della storia, della cultura, del cinema. Ero felice ed esaltata, tantopiù che la scuola si rivelò subito molto diversa da come mi ero aspettata. L’istituto, che come seppi in seguito, era stato fondato da un gruppo di artisti, tra cui Toti Scialoja, in opposizione al liceo artistico statale, dove era prevalente l’impostazione accademica, fu una gradita sorpresa. Si affrontava la composizione, rigorosamente astratta, sul piano dell’equilibrio, sulla giusta posizione del colore. Per me era tutto nuovo ed intrigante e mi buttai a capofitto sul lavoro. Gli artisti di riferimento erano Paul Klee, Cézanne, Kokoschka, Burri, gli impressionisti e l’arte contemporanea.
M.D.P. L’incontro con Kokoschka in Austria. Lo ricordi come un momento determinante per la tua carriera…
M.M. Quando rientrai in Sardegna, piena di entusiasmo, trovai una situazione ferma a trent’anni prima, continuai a lavorare e dopo qualche anno con altri artisti fondammo il Gruppo 58. Sentii parlare della «scuola del vedere» diretta da Kokoschka, fui ammessa a frequentarla e partii per Salisburgo. La scuola era situata nel castello che domina la città, un luogo fantastico. Noi allievi lavoravamo con modelli professionisti per circa sette ore al giorno seguiti dagli assistenti, c’era una pausa per il pranzo, poi si riprendeva a lavorare. A metà mattina arrivava il maestro, controllava il lavoro di ciascun allievo, parlava con noi, criticava il lavoro svolto. Con me parlava uno strano linguaggio che era un misto di italiano, inglese, spagnolo e francese, ma ci capivamo benissimo.
M.D.P. Cosa ti ha insegnato il maestro austriaco?
M.M. Era un uomo, certamente bello e affascinante, simpatico e ricco di carisma, mi ha insegnato l’importanza dello spazio attraverso il colore. Usavamo, tutti, gli acquerelli perché era importante utilizzare una tecnica veloce con i modelli che cambiavano posizione dopo dieci minuti di posa. Lavorai moltissimo, feci tante conoscenze interessanti, la scuola era frequentata dai figli di tanti artisti europei, come il figlio di Darius Milhaud per fare un nome; Daniel si chiamava ed era li con la moglie e il figlio nato da poco. C’era anche il nipote del più grande ballerino di tutti i tempi, credo si chiamasse Nijinski, altri ancora di cui non ricordo più il nome.
M.D.P. In Sardegna intanto era cambiato qualcosa? Ouando sei rientrata nell’isola e cosa hai trovato di diverso?
M.M. Niente, partecipai ad alcune mostre collettive con il Gruppo 58, poi mi sposai ed ebbi due figli di cui mi occupai esclusivamente fino al 1968.
Ripresi ad insegnare e a dipingere cercando di recuperare il tempo perduto senza fermarmi fino a qualche tempo fa, quando la malattia, la sclerosi multipla che mi colpì nel 1990, mi impedì sette anni dopo di usare la mano destra. Così non posso più dipingere.
M.D.P. Ti sei cimentata a lungo nell’acquerello, un genere che più di altri ti ha dato la possibilità di esprimere quelle sfumature liriche ed emotive intrinseche alla tua poetica…
M.M. Io credo che l’acquerello sia la tecnica che mi è più congeniale, essendo io una persona sensibile ed impaziente. Questa tecnica non consente ripensamenti e correzioni, per cui il risultato è sempre qualcosa di fresco, di immediato, di veloce. Ogni volta l’esito è una sorpresa inaspettata e a me piacciono le sfide.
M.D.P. Quali altre tecniche prediligi?
M.M. Nei miei quasi quarant’anni di carriera ho approfondito molte altre tecniche in cui è necessario riflettere maggiormente come l’olio, ma soprattutto mi sono appassionata alle tecniche incisorie: la xilografia, la calcografia (acquatinta, acquaforte), la litografia su pietra, la serigrafia ed altre tecniche speri-mentali. È stato molto interessante affrontare questo lavoro, dove la mia figurazione era mediata dai materiali (lo zinco, il rame, il legno, la pietra) su cui sempre bisogna operare. La prima stampa offriva sempre esiti incredibili.
M.D.P. A Quartu sei intervenuta con una grande opera su un muro cittadino. Come hai realizzato questa imponente opera?
M.M. Ho preparato un bozzetto che prevedeva l’utilizzo di materiali che resistessero nel tempo alle intemperie, nel mio caso terracotta e ferro arrugginito, giocando su poche varianti di colore. Affidai tutto ad una impresa che sotto la direzione artistica di due persone di mia fiducia lo ha realizzato.
M.D.P. Credi quindi nella funzione sociale dell’arte?
M.M. Ne sono assolutamente sicura da sempre, l’arte come la cultura aiuta a vivere meglio anche i suoi fruitori.
M.D.P. Come trovi l’ambiente artistico in Sardegna?
M.M. Se escludo alcuni bravi artisti, che accanitamente vanno avanti senza arrendersi nel proprio lavoro, trovo l’ambiente poco stimolante e scoraggiante.
M.D.P. E il mercato dell’arte?
M.M. È praticamente inesistente, le istituzioni acquistano poco o niente, le mostre vengono visitate ormai solo dagli addetti ai lavori, che normalmente non acquistano.
Io ho venduto abbastanza nel passato, anche adesso che non posso dipingere più.
M.D.P. Hai dei progetti in cantiere?
M.M. A causa della mia malattia, non dipingo più, quindi ho difficoltà a programmare, a fare progetti. Posso soltanto inventarmi qualcosa di molto diverso dalla pittura, forse un giorno non molto lontano troverò una possibilità, io intanto cerco…
Intervista con Mirella Mibelli di Maria Dolores Picciau
Di seguito il link al sito dell’artista Mirella Mibelli – Pittrice (1937 – 2015)
A questo link invece il sito di Maria Dolores Picciau https://mariadolorespicciau.it
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