INTERVISTA A GIORGIO SABA
Quando e come nasce il tuo percorso artistico-musicale?
Un percorso artistico non ha una data di nascita; è qualcosa che si insinua dentro di te e cresce lentamente come un virus che ti vuole invadere; quando prendi coscienza di ciò che sta avvenendo l’azione è già in avanzato stato di consolidamento.
Posso dire che la consapevolezza di essere stato “infettato” da quel virus risale ad oltre cinquant’anni fa.
C’è un legame tra la tua esperienza nell’ambito dell’Architettura, la musica e la tua recente esperienza letteraria?
I legami sono molteplici.
Trattandosi di linguaggi, ciò che veramente conta è ciò che vuoi esprimere.
Un’idea, una significazione, un convincimento, che senti tuo e che vorresti esternare ad altre persone che stimi e che vorresti coinvolgere in quella tua convinzione.
Di volta in volta puoi selezionare un diverso linguaggio.
Quello musicale, architettonico o letterario hanno le loro peculiarità e in determinati casi uno può riuscire più di un altro a confezionare il messaggio che desideri esternare.
Le possibilità offerte da suoni, immagini o parole sono infinite e talvolta confezioni un messaggio utilizzando simultaneamente diversi linguaggi come un cantautore che utilizza suoni e parole, o come un mimo, fra tutti Lindsay Kemp che mescolava luci, gesti e suoni per travolgere di emozioni il suo pubblico.
Spesso diversi linguaggi riescono ad esprimere analoghi concetti in forme stilistiche assai simili ad esempio la musica di Karlheinz Stockhausen mi suona molto simile ai dipinti di Jackson Pollock, così come Igor Stravinskij ha punti di similitudine con Vasilij Kandinskij.
Quali musicisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro e cosa vuoi esprimere principalmente attraverso la musica?
In musica, che esprimo essenzialmente attraverso la voce, i miei riferimenti sono molteplici e assai distanti tra loro.
Ricevo e ho ricevuto influssi dagli artisti più disparati, da Ella a Nina Simone, da John Lennon a Sting, in Italia da Lucio dalla a Sergio Caputo e Fabio Concato, pescando a man bassa da quel Lucio Battisti, tanto vituperato, ma che ha ancora molto da insegnare e che ancora attende un definitivo riconoscimento dei suoi meriti.
Non posso non citare la musica soul e il blues, il flamenco e il fado, il Brasile con Caetano Veloso, la Francia con Aznavour e Jacques Brel, senza dimenticare il grande Demetrio Stratos degli Area.
Anche in architettura la mia formazione è estremamente variegata.
Parte da Le Corbusier, ma fa una capatina indietro su Antoni Gaudì; punta su Louis Kahn per approdare in Italia sul compianto Aldo Rossi; non ho un grande attaccamento per F. L. Wright, ma non posso negare che abbia comunque influenzato le mie composizioni; spazio dal messicano Louis Barragan allo spagnolo Alberto Campo Baeza, ma non disdegno espressioni infinitamente distanti da queste come il Gehry di Bilbao o quel Santiago Calatrava che attira su di se le critiche più feroci.
Vorrei sapere qualcosa sul tuo libro da poco uscito nelle librerie, di cosa si tratta?
E veniamo al libro: qua non ravviso tentativi di comunicazione artistica, seppure nella esposizione, assai diversa da quella normalmente utilizzata nella saggistica, si possano cogliere momenti espressivi simili a quelli ravvisabili nel canto e nella composizione architettonica.
Il contenuto è tuttavia un tentativo di restituire alla nostra Isola una parte della sua storia; in effetti trent’anni fa mi iscrissi ad un perfezionamento in archeologia sarda; i docenti, Giovanni Lilliu, Maria Luisa Ferrarese Ceruti, Enrico Atzeni, erano il meglio dell’archeologia di quell’epoca, ma dopo un solo anno di frequenza, non trovando risposta ai miei interrogativi sulla storia sarda, abbandonai il Corso.
La passione per la storia rimase e con essa la voglia di leggere un po’ di tutto, a caso.
Ed è il caso che mi ha portato a scrivere il libro “Scusi, dov’è l’Ade?”; infatti leggendo, in uno dei tanti testi storici che arricchiscono la mia libreria, la descrizione di alcuni siti della mitologia pre-dorica, ho avuto l’impressione di aver visitato alcuni di quei siti, nelle innumerevoli scorribande estive in barca a vela che facevano tappa in Tunisia come in Sicilia, in Toscana, Liguria, Costa Azzurra e Spagna, ma ovviamente in tutta la Corsica e tutta la Sardegna.
Prima di decidermi a pubblicare quelle inedite intuizioni, ho cercato di documentarmi, acquistando e leggendo diversi tomi che trattavano l’argomento e, dopo aver fatto numerose verifiche metriche, parametriche, storico-geografiche, con il conforto della attendibilità di tali verifiche, spinto anche da numerosi amici ai quali avevo confidato le mie idee, ho iniziato a scrivere il libro che ora finalmente è stato pubblicato.
Qual’è stata la tua esperienza con le diverse forme di mercato, legate ai tuoi diversi ambiti di competenza? che possibilità ci sono di emergere?
Il mercato è una brutta bestia: esso è controllato quasi totalmente da persone che cercano di trarne il massimo tornaconto economico.
Se quello che cerchi è il successo, preparati a molte delusioni oppure a molti compromessi.
Cosa consiglieresti ad un giovane che vorrebbe vivere delle sue passioni?
Consiglio a chiunque voglia cimentarsi nel campo dell’arte di cercare soddisfazione nella propria espressione artistica.
Aldilà di quello che il mercato sarà in grado di offrirgli, avrà comunque una gratificazione in termini di endorfine e adrenalina, che in fin dei conti è ciò che rende la vita meritevole di essere vissuta.
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Francesco Cogoni.