Stefano Curreli : intervista allo scrittore
Stefano Curreli: Nel mondo affascinante delle parole e dell’immaginazione, emergono talvolta figure promettenti che catturano l’attenzione con la loro creatività. Stefano Curreli, giovane scrittore dalla penna vibrante e dalla mente fervida si impegna anche nella divulgazione letteraria attraverso i social.
Di seguito l’intervista.
Intervista allo scrittore Stefano Curreli
Quando e come nasce la tua passione per la scrittura?
Avvenne ai tempi del liceo, ma non tra i muri di scuola. Sono sempre stato molto curioso, fin da bambino, e ho sempre vagato nel sapere, ma nei confronti della letteratura avevo una sorta di diffidenza instillatami dalla scuola. Preferivo la musica, le arti visive, il cinema e altre forme d’espressione artistica a cui mi sono dedicato durante l’adolescenza. A un certo punto, però, iniziai a capire che la letteratura mi assomigliava. Si trattava di una voce forte che riusciva a parlarmi e che era molto potente e piuttosto differente da come la società e la scuola me l’avevano raccontata.
Così iniziai a innamorarmene perdutamente, a divorare libri su libri, a dialogare con gli scrittori (soprattutto con quelli morti). Divenne una vera e propria ossessione, al punto che iniziai a concepire il tempo speso senza lettura, senza scrittura e senza chiacchiere attorno agli scrittori come tempo inutile. «Scrissi la prima riga incerta,» per citare Neruda, «vaga, senza corpo, pura sciocchezza, pura saggezza di chi non sa nulla, e vidi all’improvviso il cielo sgranato e aperto, pianeti, piantagioni palpitanti, ombra ferita, crivellata da frecce, fuoco e fiori, la notte travolgente, l’universo.»
Ecco, questi sono versi che mi rappresentano molto e che ben descrivono il mio primo approccio letterario. Insomma, diciamo che l’incontro con la letteratura è stato per me folgorante, mi ha dato un significato, uno scopo, una ragione per dirmi in un certo senso felice. Dunque appena finito il liceo, anziché iscrivermi alla facoltà di Fisica, mi iscrissi a quella di Lettere.
Quali persone, situazioni o scrittori hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro di scrittore?
C’è stato un antefatto, su cui ho riflettuto quando, ormai non più adolescente, ho votato la mia vita alle lettere, ed è la lettura dei ‘Piccoli brividi’ di R.L. Stine. Quando ero bambino, li leggevo compulsivamente e pensavo che avrei voluto scrivere anch’io storie come quelle. Poi durante l’adolescenza, come ho accennato sopra, mi sono focalizzato su altro, dimenticando quasi totalmente quel piacere dato da quelle letture. In realtà c’è anche un altro antefatto: sempre ai tempi delle elementari e delle scuole medie, amavo sfogliare la vecchia antologia del liceo di mio padre.
Quei nomi, Dante, Shakespeare, Dostoevskij, di cui mio padre mi parlava mentre la sfogliavo affascinato, sono stati come vecchi amici dimenticati e poi ritrovati in età più matura. Quindi metterei in primis R.L. Stine e mio padre con la sua antologia, poi tutti quegli scrittori che, una volta capito che la letteratura era per me una casa, mi hanno dato qualcosa. In primis penso a Baudelaire, a Proust, a García Márquez, a Henry Miller.
Ma citarli tutti è davvero impossibile. C’è poi una persona, un carissimo amico, che per primo mi menzionò Baudelaire, Pessoa e altri nomi che poi sono diventati il mio mondo. Me li menzionò in tempi insospettabili, quando ancora pensavo che la musica, il cinema e le altre arti di cui mi nutrivo erano tutto. Non ringrazierò mai abbastanza Andrea Murru per avermene parlato con quella passione che ancora conserva. In conclusione, la mia scrittura è frutto delle mie letture, delle mie conversazioni con scrittori vivi e morti da
me amati, e delle mie elucubrazioni quotidiane che cerco di riversare su carta. Per scrivere bisogna osservare la vita e vivisezionarla. Ma non basta per scrivere bene. Se si vuole anche scrivere bene bisogna avere buoni maestri.
Cosa vuoi esprimere attraverso la scrittura?
Suggestioni, la mia visione del mondo, le grandi questioni universali come l’amore, il pentimento, la perdita, l’abbandono, il tempo che divora tutto ciò che incontra, la brama di serenità, il lutto, gli inizi e tutto ciò che contrassegna le nostre vite mortali.
Stefano Curreli: parlaci del tuo ultimo libro!
Atlante non illustrato delle cose perdute è una raccolta di frammenti, in versi e in prosa, sul tema universale della perdita – declinata nei modi più disparati – sul dolore che provoca in noi, sulla sua elaborazione, che avviene in un momento consecutivo allo choc iniziale, e sulla possibilità di rivedere la luce nonostante una ferita che probabilmente non rimarginerà mai del tutto. È anomalo per me pubblicare un’opera che prevede la presenza del genere poetico, perché da quando ho iniziato a dedicarmi alla letteratura mi sono concentrato maggiormente sulla prosa – e ora sono alle prese con la stesura di un romanzo –, ma l’Atlante è un libro che mi ha chiesto fortemente di esistere. Avevo così tanti frammenti su questo tema che non ho potuto far altro che raccoglierli, dando omogeneità a schegge disseminate.
Qual è il tuo rapporto con le case editrici e che possibilità ci sono di emergere per un giovane scrittore tra social e possibilità di self-publishing?
Ho recentemente firmato con un’ottima agenzia letteraria che mi sta rappresentando con alcuni importanti editori. Ma su questo, non essendoci ancora nulla di certo, non posso fornire ulteriori dettagli. Avendo giù pubblicato saggistica e critica letteraria per case editrici medie e per riviste accademiche, sono impaziente di fare il salto di qualità approdando in un circuito editoriale grosso.
Il self-publishing è una possibilità che un tempo non contemplavo nemmeno, ma che ho successivamente apprezzato, e non solo perché giganti della storia letteraria l’hanno sperimentata dal momento in cui le case editrici non comprendevano la loro grandezza, ma anche perché, alla fine della questione, oggi mi sembra che non sia così terribile autopubblicarsi, almeno all’inizio. Penso sia un modo, laddove l’opera funzionasse, per farsi notare dagli editori. Per quanto riguarda i social, credo che oggi siano importantissimi.
Personalmente vengo invitato agli eventi e vengo coinvolto in iniziative culturali, in interviste e in progetti di ogni tipo grazie ai social. Ho la fortuna di avere due pagine Instagram con un’enorme visibilità, la mia personale e quella del mio progetto di divulgazione, che sommate rendono visibili i miei contenuti, a ora, a più di duecentomila persone.
Ma i numeri crescono di mese in mese.
Sottovalutare i social e il loro potere è sbagliato.
(trovate i link ai progetti social sopracitati a fine articolo)
Stefano Curreli: cosa consiglieresti ad uno scrittore che vorrebbe vivere di quest’arte?
Credo che si inizi a scrivere per vocazione, per necessità, e non per trarne un profitto. Se poi ci si sente tagliati per quest’arte e la si vuole far diventare un lavoro – e sono il primo ad augurarmelo –, bisogna essere metodici, professionali e offrire materiale di qualità, e per farlo non vi è che una ricetta: leggere (e leggere i migliori), imparando da chi ci ha preceduti e guardarsi attorno, osservare il mondo, la gente, la vita.
Contatti Instagram di Stefano Curreli:
Stefano Curreli (@stefanocurreli.scrittura) •
Stefano Curreli (@spazio.letteratura) •
Francesco Cogoni.