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“Sull’impronta” di Andrea e Francesco Strizzi a cura di Antonella Bosio

“Sull’impronta” di Andrea e Francesco Strizzi a cura di Antonella Bosio testo di Mauro Valsecchi.


Esiste un luogo disadorno e mistico nel sudovest della Francia, a Montesquieu-Avantès, nel dipartimento di Ariège, che si chiama: Grotta di Trois-Frères (Grotta dei tre fratelli). Si tratta di una grotta rocciosa che presenta testimonianze di arte preistorica. Tra queste testimonianze rupestri spicca la figura iconica dello “sciamano danzante”, un essere teromorfico, più umano che belva, i cui movimenti oscillatori, volteggianti e rituali sono leggibili grazie a quel vestito di pelle di capra che ha cucito addosso. Evidentemente siamo di fronte a un frammento muto che ci relaziona con un’esperienza di quel mondo passato, per noi quasi totalmente misterioso, dove il ritmo è la chiave d’interpretazione. Quest’immagine ci fa apparire l’universo della musica e dei suoni non come un fatto di mero ascolto edonistico, ma un’importante esperienza di percezioni
e sensazioni che è sempre stata vissuta come centro della presenza e del comportamento umano.

“Sull’impronta” a cura di Antonella Bosio

La Torre campanaria di Castellaro Lagusello, un luogo altrettanto umile e magico, nel progetto di “Una Torre per l’Arte” a cura di Antonella Bosio, ospita la mostra d’arte contemporanea di due fratelli: Andrea e Francesco Strizzi, intitolata “Sull’impronta”. Nonostante le individualità formali e concettuali, le poetiche dei due artisti convergono nella reiterata creazione di uno spazio composto da suoni e nella ricerca di un’impronta che è origine e lascito del suono stesso.
Questo contatto, che pone per la prima volta in dialogo le loro rispettive opere, ha avuto inizio a Wavre, in Belgio, con una doppia personale nella Gallery Nostrum a cura di Chris Dennis; e continua a risuonare tra le mura della Torre, proprio come l’eco di passi dentro una caverna.

Andrea e Francesco Strizzi, in “Sull’impronta”:

Andrea Strizzi, nella sua pratica artista, ha caricato il suono di una concretezza fisica, tangibile, e visibile, nonché partecipativa. Affascinato da una ritmicità che accompagna l’essere umano sin dalla preistoria fatta di battiti, sfregamenti, tocchi e colpi, ha deciso di affidarsi agli strumenti a percussione per produrre opere d’arte visuale. Le opere sono un ampio progetto fatto di disegni, performance sonore e sculture tattili. La fase preparatoria è un rumoroso silenzio: l’artista
disegna, compone, su un foglio l’andamento di un tracciato sonoro, decidendo da subito che tipo di bacchette dovranno essere utilizzate per dare l’effetto acustico immaginato; questi tracciati sono un vero e proprio messaggio senza parole che verrà poi recapitato a un collaboratore, il percussionista Stefano Corbetta.

Successivamente subentra un movimento performativo ancestrale: vengono tagliate delle lastre di creta bianca, che fungono da vero e proprio pentagramma, dove Stefano Corbetta, a partire dalla decifrazione del messaggio recapitatogli, potrà imprimere le suggestioni ritmiche battendo sul materiale ancora fresco con diversi tipi di bacchette per percussioni.

La fase successiva è di quiescenza:

far essiccare la creta e poi cuocerla per ottenere delle tavole che conservano un’impronta del suono eseguito. Infine le tavole di creta suonate vengono posizionate a muro con la possibilità di essere toccate con mano, da qui il titolo totalizzante “TOCCARE IL SUONO – Impronte Sonore”. Di tutti questi passaggi che Andrea Strizzi compie per far vibrare i suoi pensieri è certamente affascinante la necessità profonda di unire il visibile all’invisibile in una modalità attiva di partecipazione alle sue opere.

Infatti del suono non si sfiorano con le dita le sole tracce nella creta ma se ne possono anche sentire le ritmicità: la riproduzione in cuffia permette di poter ascoltare tutto ciò che l’aria ha disperso in precedenza.

Questo momentaneo isolamento percettivo crea un’esperienza unica, privata e drammatica perché si è trasportati nella inusuale situazione di un movimento tattile controllato da un comando sonoro che rende il senso usualmente privilegiato e distintivo dell’essere umano accessorio: la vista; se gli occhi sono aperti o chiusi ha poca importanza, l’impronta sonora riecheggia e sottoscrive una testimonianza: voci, suoni e rumori conservano reminiscenze sensibili profonde che vanno oltre la fattuale rappresentazione della realtà.

Il progetto di “TOCCARE IL SUONO – Impronte Sonore” si prefigge anche l’obiettivo di creare una relazione sociale e culturale tra persone vedenti e non vedenti, perciò Andrea Strizzi ha stabilito un sodalizio con l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e col consigliere nazionale dell’ente Gabriele Colantonio.

“Relazioni Invisibili” alla campanaria di Castellaro Lagusello


Un altro luogo portatore originario di ritmo e musicalità è il continente africano.

Esiste una storia che si riferisce a un esploratore occidentale, che nei suoi viaggi in Africa si era portato dietro un giradischi e aveva fatto ascoltare a una popolazione indigena la musica incisa sui dischi, pensando di stupirli con un oggetto sonoro bizzarro e carico di meravigliosa efficienza tecnologica. Invece provocò una reazione di inorridito stupore. Non tanto per l’oggetto in sé, ma questo signore occidentale ascoltava la musica da seduto, o addirittura leggeva e scriveva; faceva altro mentre la musica si effondeva dappertutto. Alla popolazione indigena era del tutto incomprensibile, essere semplicemente un ascoltatore passivo o distratto era un’esperienze ignota per loro.

La musica

Infatti la musica era uno degli elementi sostanziali di tutto un sistema di comportamenti che doveva includere un insieme di relazioni, attenzioni e risposte oltre l’ascolto; attraverso il canto, la danza o per lo meno il movimento del corpo.
Francesco Strizzi nel suo operato artistico pone una forte centralità alle dinamiche di attenzione e risposta per il suono, gli oggetti che lo producono e il movimento, più o meno visibile, che si genera nell’ascolto. Il suo interesse musicale lo ha portato innanzitutto a prediligere una concretezza artigianale diventando liutaio presso la Civica Scuola di Liuteria di Milano, ma i suoi studi hanno continuato nelle arti visive e in particolare si sono legati alla scultura.

Il connubio tra musica, strumento musicale e scultura è confluito nella sound-art. Infatti l’opera portata nella Torre campanaria di Castellaro Lagusello prende il titolo di “Relazioni Invisibili” ed è una perfetta sintesi dei suoi armonici interessi. Coppie di parallelepipedi e sfere, accordati a due a due su una stessa frequenza, sono disposti nello spazio espositivo, pronti a entrare in una relazione sonante; i suoni risultanti da tali dualismi formano una composizione musicale che diventa anche tensione visiva tra gli elementi scultorei geometrici.

L’artista

L’artista è continuamente alla ricerca di forme non convenzionali che possano diventare veri e propri strumenti musicali, perciò ha prodotto parallelepipedi pieni e sfere cave in modo da testarne i limiti sonori e creare forme estranianti che alla vista parrebbero tutto fuorché capaci di produrre un suono calibrato e
classificabile; invece queste geometrie nette sono funzionali: il parallelepipedo è un tasto vibrante, la sfera è una cassa risonante. A rimarcare la sorpresa è il materiale: il gesso, pienamente scultoreo, freddo, minimale, riproducibile per impronta colata; eppure Francesco Strizzi gli ha dato una nuova luce esaltando le sue canoniche caratteristiche ma trasfigurando la sua inerzia in oscillazione impalpabile. Questa aura eterea è proprio la forma che prende il suono: gli occhi vedono solo degli oggetti nello spazio, posati e immoti, ma indossate le cuffie è come se le nostre orecchie acquisissero un campo visivo: linee magnetiche e percorsi modulari caricano l’aria, la relazione invisibile diventa percettibile e così si entra in connessione con la materia, in movimento e tensione verso un vuoto denso di sonorità.

Sull’impronta di Andrea e Francesco Strizzi


L’impronta lasciata da Andrea e Francesco Strizzi tra le mura della Torre è un monito a non
essere dei meri ascoltatori, cioè dei portatori di orecchie, ma essere dei collaboratori dei suoni
e della musica; essere addirittura dei recitatori, coloro che fanno parte, usando di se stessi ogni
sensibilità possibile, di non temere il silenzio o di riscoprire una disattesa vocazione per il boato
e il rintocco, per la stasi e il sospiro, lo sfiorare e il crepitio, il buio e il bisbiglio, e tramutare
corpo e mente persino in uno strumento musicale.


Mauro Valsecchi.

Avete appena letto “Sull’impronta” testo di Mauro Valsecchi, vi consigliamo anche: Tzompantli all’AtelerArteDinamico | ConnectivArt

Link social al progetto Una torre per l’arte in cui verrà esposta “Sull’impronta”: Una Torre per l’Arte (@una_torre_per_l_arte) | Instagram

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“Sull’impronta” di Andrea e Francesco Strizzi a cura di Antonella Bosio
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“Sull’impronta” mostra personale di Andrea e Francesco Strizzi a cura di Antonella Bosio alla Torre campanaria di Castellaro Lagusello.
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